La penna degli Altri 09/02/2017 13:19
Il sindaco ascolta l'audio e ci ripensa: «La fiducia è lesa, difficile continuare»
IL MESSAGGERO (M. EVANGELISTI) - «Se sono inadeguata perché sei ancora in giunta? Se davvero è quello che pensi di me perché non te ne sei già andato? Come faccio a fidarmi di te? La fiducia è lesa, così non si può continuare». Virginia Raggi alla fine sbotta con Paolo Berdini che ha detto tutto il male possibile sulla sindaca nel colloquio pubblicato in mattinata dall'odiata carta stampata. Grillo è d'accordo, la fiducia è lesa.
Eppure, prima dell'ora di cena Virginia - inadeguata, secondo la definizione di Berdini - lo salva, lo conferma con riserva, una formula molto da prima repubblica che non comprende nessuno ma che serve a prendere tempo. Quando però in serata viene pubblicata on line la registrazione, allora tutti capiscono che il destino di Berdini è segnato, perché nemmeno su Urano sarebbe possibile mantenere in giunta chi spende giudizi così feroci sulla sindaca. «E' una questione di dignità», ripetono in Campidoglio. «I giornali ci attaccano e tu te ne esci con queste frasi?», dice la Raggi. Virginia, al contrario di altre occasioni, questa volta non piange, anzi ha la determinazioni dei giorni migliori, perché è stanca di prendere schiaffi politici.
SCHIAFFI Parla al telefono con Grillo, sa che può affondare il colpo anche se non caccia subito l'assessore all'Urbanistica, perché non c'è un sostituto e non si può fare un'altra figuraccia come quella dell'assessorato al Bilancio che dopo l'addio di Minenna rimase vacante per un mese. Da capire. I processi a Berdini a Palazzo Senatorio sono stati due: il primo con il resto della giunta, il secondo in un faccia a faccia sindaca-assessore, due generazioni a confronto. La pubblicazione dell'audio che ha l'effetto di una mannaia per la testa dell'assessore, toglie ogni dubbio su ciò che veramente pensa della Raggi che pure aveva respinto le sue dimissioni ma con riserva. Ma anche senza la dolorosa conferma che non si tratta di una invenzione dei giornalisti (come piacerebbe tanto al mood del momento del Movimento 5 Stelle che non sta portando fortuna), Berdini è abbattuto, contrito. Lui che è sempre vulcanico e un filo supponente, è un pugile alle corde, ripete «mi sono fatto fregare, sono dispiaciuto».
SECCHIONE Il primo processo a Berdini è corale, avviene attorno alle 15 in una pre giunta. «Ma siamo noi la corte dei miracoli? Davvero è quello che pensi di noi?», lo attaccano alcuni assessori. Il professore comunista prestato al Movimento 5 Stelle, abituato a fare il saputello, quello che ne sa più degli altri carneade chiamati in giunta, è finito alle corde. E quando è il secchione in difficoltà, il resto della classe non fa sconti. La mezza smentita del mattino concessa a Rainews 24 a cui neppure lui sembrava credere non ha placato la rabbia dei colleghi. L'unico che prova a difenderlo è Luca Bergamo, il vicesindaco, forse per la comune militanza a sinistra qualche decennio fa. «Spiegaci come è andata, facci capire», gli dice, arrotonda gli spigoli. Ma c'è chi non si placa: già stiamo sotto tiro per l'inchiesta su Marra e Romeo e per il caso delle polizze e tu vai in giro a dire queste cose? In serata Bergamo commenta secco: «Non mi va di parlare di ciò che è successo, abbiamo fatto un comunicato, leggete quello». Ma che significa che Berdini è ancora assessore con riserva? «Leggete il comunicato». «Chiamatemi Berdini, voglio capire se è tutta una invenzione del giornalista» urla al mattino la Raggi. Il secondo processo è quello più feroce, attorno alle 16. Virginia è una furia, perché non fa piacere a nessuno sentirsi dire: sei inadeguata, impreparata, amante di Romeo, circondata da una corte dei miracoli. La Raggi questa volta non piange, non si calma neppure di fronte alla mediazione di Bergamo che poi se ne va e li lascia soli. «Ho sbagliato, mi sono fatto fregare, sono molto dispiaciuto», balbetta Berdini. Il colloquio si chiude con una soluzione ponte fragile come una aeroplano di carta durante un urgano: Berdini offre le dimissioni, la Raggi le respinge, ma con riserva, una sorta di cartellino giallo, al prossimo errore Berdini va a casa. Il vecchio professore in fondo è come quell’allenatore che il presidente della squadra non caccia solo perché c’è da trovare un sostituto. E visto che presto ci sarà il rimpasto e dovranno entrare altri due assessori, se ne riparlerà più avanti del futuro di Berdini, che però dovrà chinare il capo sullo stadio. Partono i comunicati stampa, qualcuno vorrebbe perdonare il professore «perché in fondo è una brava persona». Quando però l’audio viaggia in rete - che beffa, puniti proprio dalla rete -, si capisce che Berdini è indifendibile. La maledizione degli assessori presentati in campagna elettorale sta colpendo ancora. La Raggi ne annunciò quattro: Lo Cicero, non è mai stato nominato, la Muraro si è dimessa perché indagata, il terzo è proprio Berdini. Il quarto - Bergamo - non deve essere molto tranquillo