La penna degli Altri 19/11/2011 09:36

Fenucci: "Lo stadio nuovo per creare un'appartenenza"

Domani Roma-Lecce, una partita particolare per lei… Sicuramente sarà una partita che per me avrà un significato unico, perché tutta la mia attività come dirigente sportivo è a Lecce, dove ho lavorato per 15 anni con grandi soddisfazioni dal punto di vista sportivo. Partendo dalla serie C abbiamo fatti molti campionati di A, abbiamo fatto 5 anni i campionati di B vincendoli 4 volte. Abbiamo vinto due titoli Primavera, due Supercoppe Primavera e due Coppe Italia Primavera. Soddisfazioni sportive e professionali, perché il Lecce ha raggiunto un’organizzazione e un’efficienza delle sue strutture che secondo me è paragonabile a quelle dei grandi club.

Che sensazioni proverà al fischio di inizio? Saranno particolari. Già andando negli spogliatoi, dove troverò tanti ragazzi che sono stati con me giù a Lecce per diversi anni. Sarà un’emozione unica, ma la vita continua e oggi la mia squadra è la Roma. Il nostro progetto è legato a questa à, che poi è la mia. Lecce rimane una pagina importante, sia dal punto di vista professionale sia da quello familiare, ma oggi se ne è aperta un’altra.

Il suo ruolo al Lecce è stato anche sportivo. Una cosa particolare per lei che viene dal settore finanziario. A Lecce sono stato amministratore delegato per 15 anni, ho seguito tutte le attività della società con dei validissimi collaboratori, molti di loro sono ancora a Lecce. Ho lavorato con ds di valore come Corvino. Ma negli ultimi anni la società cercava un modello organizzativo diverso con un allenatore che fosse più responsabile delle scelte sportive e di quelle legate alla campagna trasferimenti e su questo non avendo un ds è stato richiesto un maggiore coinvolgimento da parte mia.

Cosa ha riportato alla Roma della sua esperienza al Lecce? Era una realtà piccola, ma le funzioni svolte erano le stesse. Anche a Lecce c’era una struttura organizzativa efficiente, un’attività di merchandising sviluppata per le sue dimensioni. Qui le dimensioni sono più grandi, c’è una complessità della struttura che rende il processo generale più lungo, però sostanzialmente le attività che si fanno sono le stesse, anche se con obiettivi e dimen-sioni completamente differenti.

C’è un’attenzione particolare verso i tifosi, proprio come accadeva nel Salento… Il calcio italiano in questi anni ha conosciuto forte disaffezione dei tifosi nella frequentazione degli stadi, anche per la concorrenza delle televisioni e di format televisivi secondo me non controllati adeguatamente dalla Lega. A Lecce abbiamo cercato di portare più gente possibile allo stadio, con un occhio particolare alle famiglie. Per promuovere e fidelizzare il sentimento verso il club nei giovani. A Roma piano piano stiamo portando avanti iniziative simili: il settore famiglie dove arrivano i calciatori a firmare autografi. Proseguiremo con le attività di intrattenimento per allungare il periodo di permanenza nel Foro Italico e rendere l’esperienza sempre più coinvolgente. Sotto il profilo delle agevolazioni anche qui abbiamo intrapreso un percorso, che riprenderemo fra poco, quello del carnet virtuale di biglietteria. Tutto ciò che può agevolare l’ingresso allo stadio, va fatto. E’ nostra intenzione ricreare quel forte rapporto tra club, squadra e tifosi e solo lo stadio può farlo.

I tifosi sembrano al primo posto nella nuova società. I tifosi sono centrali. Se si costruisce un nuovo stadio lo si fa per motivazioni economiche, ma anche per creare quella che è la casa del club e per costruire un processo di identificazione tra club e tifoso, per creare appartenenza piena. Oggi c’è grande identificazione tra squadra e tifosi ma il club viene visto ancora in maniera distante. Invece ci dovrebbe essere un forte senso di rappresentatività da parte del club con i propri tifosi.

Il Salento al di là della squadra di calcio è parte integrante della vita di Claudio .Il Salento è un luogo stupendo, posso fare l’ambasciatore turistico. val la pena di visitarlo. C’è una qualità della vita molto elevata. Io ho costruito la mia famiglia lì e loro vivono ancora a Lecce. Sono rimasto legato a quel territorio e vi rimarrò per sempre.

Sua figlia la segue molto in televisione in ogni tipo di contesto? Io ne ho due. La più grande è molto attenta anche perché non mi vede molto spesso e coglie ogni occasione per vedere il proprio papà. La piccola è ormai plagiata completamente: già canta l’inno della Roma

Parliamo dei problemi del calcio. Ci sono forse troppi introiti dai diritti tv e troppo pochi dagli altri settori? E sul tema stadio, servono agevolazioni importanti per costruirne di nuovi. Sono questi i temi più importanti del calcio italiano? Sì, il problema è che non sono argomenti nuovi. Sull’eccessiva dipendenza dai diritti tv e sulla laconicità di margini che il calcio espone e della situazione vetusta degli stadi ne parliamo da anni. Ma non riusciamo a trovare un momento per ridiscutere della politica sportiva e risolvere parte di queste problematiche. Il calcio italiano è in assoluto a termini economici la peggiore lega della cinque sviluppate, orientata esclusivamente alla parte sportiva delle società. Oggi questa situazione non è più sostenibile, urge un riequilibrio economico, da raggiungere con l’abbassamento dei costi, ma anche con la crescita dei rivali. Per questo si parla di scarsa rilevanza del merchandising: ad esempio da tempo chiediamo una legge per combattere la contraffazione dei marchi. Questo per me è anche un problema culturale e per questo chiedo ai tifosi di acquistare i marchi ufficiali perché i ricavi ottenutidalla società con la vendita del materiale vengono reinvestiti nella parte sportiva e quindi comprando prodotti non ufficiali si crea un danno. Gli stadi italiani sono i più vecchi d’Europa, sono i meno confortevoli, sono impresentabili per quello che oggi deve essere un pubblico che viene a vivere una giornata coinvolgente e che deve trovare una location adeguata ai bisogni dei consumatori del 2010 e non di 50 anni fa.

Perché il calcio italiano si è fermato e non ha risolto questi problemi? Il calcio italiano si è fermato secondo me perché c’è stata eccessiva attenzione ai diritti televisivi, che era il segmento di mercato più facilmente aggredibile, soprattutto da parte dei grandi club. Significava avere risorse subito facilmente spendibili per aumentare la propria competitività sportiva e migliorare il proprio brand, creando un ciclo virtuoso. Basta guardare le differenze di rapporti di fatturato tra club grandi, mediograndi e piccoli, notiamo questa forte disparità di risorse. Anche la Roma oggi la Roma dispone della metà delle risorse di Milan, e Inter, che hanno costruito un brand forte, che consente loro di attirare sponsorizzazioni. E questo è stato fatto grazie alle vittorie ottenute disponendo di risorse diverse dagli altri. Strategicamente per molti club era più facile vendere i diritti tv per avere un guadagno immediato.

Perché in Germania un così grande incremento dei ricavi? Quali i motivi di un sorpasso di un campionato che tempo fa era dietro al nostro. Tutto risiede nella programmazione che le istituzioni calcistiche tedesche hanno effettuato negli anni passati, grazie anche alla possibilità di organizzare i mondiali. Non si sono curati dei risultati sportivi che non arrivavano, questo anche grazie ad un approccio delle tifoserie che rende questo possibile, ed hanno investito sulle strutture. Hanno un mercato delle sponsorizzazioni che può contare su quello che è il paese più sviluppato d’Europa a livello economico. E tutto questo ha creato un calcio equilibrato, dotato di strutture all’avanguardia, con le società che suddividono i ricavi in in maniera più equa. Questo mix di competitività e di strutture adeguate ha creato un prodotto che riscuote di grande successo. La Germania è il paese con presenze medie più elevate in Europa.

In Inghilterra ultimamente c’è stato un grande indebitamento dei grandi club, ma rimane ugualmente il campionato più ricco. Che tipo di esempo è in questo senso quello del Manchester? In Inghilterra stiamo assistendo ad una trasformazione. Il loro calcio ha registrato per anni risultati economici molto interessanti con modello di sviluppo che si è fondato sulla crescita del prodotto a livello internazionale. Oggi anche loro conoscono il fenomeno dei mecenati e questo sta progressivamente facendo peggiorare i conti. Anche se nei debiti dobbiamo sempre separare quel che viene creato per investimenti e strutture. Non sempre i debiti nascono da una scarsa capacità gestionale. Per quel che riguarda il fair play finanziario, siamo convinti che il sistema calcistico, fortemente competitivo sul campo, abbia bisogno di regole certe a livello finanziario, per consentire a tutti una competizione equa. Non so se le regole decise dalla Uefa per il fair play finanziario siano quelle più adatte perché potrebbero creare una cristallizzazione nei rapporti di forza tra i club, rendendo difficile per molti di quelli che vogliono crescere, portare avanti gli investimenti necessari. Si potevano trovare altri sistemi per creare un sistema di regole certo, credo che quello che sta seguendo l’Uefa non sia il più appropriato. Si può anche crescere investendo sui diritti dei calciatori per favorire il brand e nuovi ricavi.

Lo sfoltimento delle rose si renderà necessario anche per la Roma? Penso che il calcio debba cambiare alcune cose. Una di queste è la ristrutturazione anche dei campionati. Ridurre il numero delle squadre ed aprire maggiori spazi a competizioni europee diverse. La riduzione del numero delle partite eleverebbe la loro qualità e renderebbe più facilmente gestibili società e rose dei tesserati. Al di là di questo, credo sia necessario, per tenere sotto controllo i costi aziendali, ridurre il numero dei calciatori e utilizzando i giovani in misura maggiore, soprattutto quelli del vivaio. su questo noi stiamo lavorando, vorremmo arrivare a 17-20 giocatori pronti a cui aggiungere i giovani, da utilizzare al momento del bisogno. Avere giovani pronti richiede anche una modifica del processo di formazione che ora seguono e per questo siamo favorevoli a un progetto che preveda la partecipazione volontaria di squadre B nei campionati minori.

Si parla tantissimo del contratto di . Cosa sta succedendo, a che punto è la situazione? Credo che né noi né Daniele dovremmo parlare così spesso. Sono la stampa e il sistema mediatico che pressano su un argomento su cui vorremmo lavorare tranquillamente. Finiamo per dare sempre le stesse risposte, non ci sono di giorno in giorno novità, ma siamo tutti continuamente sollecitati a dare delle risposte.

L’infortunio di Burdisso vi farà tornare sul mercato? Innanzitutto mi spiace moltissimo per un calciatore che, per come lo avevo conosciuto, è umanamente eccezionale. Lo aspettiamo, perché spero che il recupero sia il più veloce possibile anche se l’infortunio è serio. Sia in campo sia dentro lo spogliatoio è unico, è importantissimo. Un ottimo professionista. Al di là dell’infortunio di Nico le valutazioni per il mercato di gennaio vanno fatte in maniera generale. Cercheremo di trovare spazio per i giocatori che ora sono stati utilizzati meno e dopo queste prime operazioni valuteremo se sarà il caso di completare in qualche modo l’organico.

DiBenedetto ha un’energia straordinaria e un’agenda ricchissima di impegni. Cosa l’ha colpita del nuovo presidente? Ha un’umanità non comune. E’ una persona che ho conosciuto da poco, ma che ha caratteristiche professionali e morali importanti, oltre a un entusiasmo notevole. Siamo contenti di lavorare con lui e con un gruppo di azionisti che ha una radicata convinzione per questo progetto e la volontà di investire per rendere questa società nel tempo uno dei maggiori club calcistici al mondo.

Se la sente di fare un pronostico per domani sera? No, pronostici non ne ho mai fatti in 15 anni. Certo trovarmi il Lecce da avversario non sarà facile, ma per noi è una partita da vincere. Mi spiace per i miei amici salentini, spero che troveranno da un’altra parte i punti per una salvezza che gli auguro di trovare con tutto il cuore.