Sfida nella sfida 17/10/2013 15:15

LA SFIDA NELLA SFIDA: Garcia vs Benitez

LAUREA – Partiamo dalla similitudine accademica: entrambi gli allenatori sono laureati in Scienze Motorie. Prima Benitez presso l’Università di Madrid, poi a Orsay, nella Valle della Scienza. Sono accomunati da una maniacale cura della preparazione atletica, hanno conoscenze in ambito fisioterapico e sono attenti gestori delle problematiche fisiche dei propri calciatori. Addirittura svolse il ruolo di fisioterapista negli anni ’90.

DIVERSI PRIMI PASSI – Benitez iniziò dietro le quinte del colosso Real Madrid, precisamente dalla Castilla, squadra B delle Merengues. Aveva vestito la maglia delle riserve madrilene da calciatore negli anni ’73-’81; appesi gli scarpini al chiodo, indossò la tuta sociale per diventare nel 1993. Poi le esperienze nella provincia del calcio spagnolo: Valladolid, Osasuna, Extremadura, Tenerife fino al 2001. Proprio con il Tenerife ottenne un buon risultato, centrando una promozione in Liga con un terzo posto in seconda divisione. Poi Valencia, e lì la consacrazione: in tre anni riuscì a vincere una Coppa Uefa e due titoli nazionali (gli ultimi in casa valenzana). Gli valsero la chiamata a Liverpool: quella con il club inglese fu una vera e propria simbiosi e il cordone ombelicale che univa allenatore e squadra fu reciso solo nel 2010.

cominciò la sua carriera da allenatore nel 2000, al Saint-Etienne: prima tattico, poi
e finalmente primo allenatore. Dal 2001 andò ad allenare prima il Digione e poi il Le Mans, ma a Lille arrivarono fama e trofei.

ITALIA MIA – è alla prima esperienza in Italia. CI è arrivato con la Roma, passando per Lille, come si è detto. Con il 51.25% di vittorie, il tecnico francese ha reso possibile il miracolo in una delle province del calcio francese: un campionato francese e una Coppa di Francia nell’annata 2010-2011.

Rafa, invece, in Italia c’era già stato. Se non lo ricordate non fa niente, probabilmente avete rimosso la sua esperienza all’Inter proprio come avrebbe voluto fare lui stesso. Viene ingaggiato a giugno 2010, scaricato a dicembre dello stesso anno; in meno di 6 mesi vince due trofei a Milano: una Supercoppa Italiana e un Mondiale per Club vanno ad arricchire la sua bacheca, già di per sé non propriamente vuota. Riassumiamo il palmares dello spagnolofino al 2010: con il Valencia (2001-2004) due campionati e una Coppa Uefa; con il Liverpool (2004-2010) una , una Supercoppa Uefa, una Coppa d’Inghilterra e un Community Shield. Ma in Lombardia il suo curriculum non lo ha protetto da uno spogliatoio alle prese con la sindrome dell’abbandono post Mourinho: una rosa competitiva legata al proprio tecnico con cui avevano realizzato il triplete storico gli si girò contro insieme al capobranco Moratti. Il risultato fu una risoluzione consensuale del contratto con il club nerazzurro.

COME GIOCANO – Mai come per questi due allenatori è necessario specificare che il modulo è solo un vestito. Benitez ha utilizzato diversi moduli, spesso adattandoli agli uomini a disposizione; un esempio pratico è il suo Liverpool, schierato molte volte (soprattutto nel 2005) in un 4-5-1 con Gerrard regista con libertà di movimento e due mediani bloccati ai suoi lati. Rispetto a questo scacchiere tattico, troviamo poche differenze con il attuale: sempre con velocità ed estro sulle fasce, un jolly al centro (Hamsik) e due mediani (Inler-Behrami) dalle spiccate caratteristiche difensive. Anche la stessa linea difensiva non è esente da modifiche: Benitez, in questi primi scorci di stagione, ha giocato anche con la linea arretrata a 5.

somiglia al collega spagnolo per la duttilità del proprio schieramento e l’elasticità nella scelta dello stesso:
o sono i suoi moduli preferiti. Solitamente non prescinde da un controllo del gioco basato su pochissimi tocchi e sulla molteplicità delle soluzioni in fase di costruzione: difficilmente un suo giocatore ha meno di due linee di passaggio possibili al primo tocco del pallone.

I due, riassumendo, sono caratterizzati da due fattori strettamente collegati: flessibilità e approccio strategico. Non è corretto dire che cambino ‘vestito’ a seconda dell’appuntamento: lo studio dell’avversario porta ad una conoscenza di debolezze e qualità della squadra affrontata e, di conseguenza, al prendere le giuste contromisure pur restando se stessi.

Antonio Paesano