Sfida nella sfida 05/11/2010 15:25

LA SFIDA NELLA SFIDA: Curva Sud vs Curva Nord

Tutto questo è la stracittadina: nella cornice sportiva si contrappongono giallorossi e biancocelesti, immedesimati nei 22 che calcheranno il verde dell’Olimpico. Dai loro piedi dipenderanno le esultanze e le sofferenze dei rispettivi tifosi, ma in fondo quel che accade sul campo è solo l’epifenomeno di una sfida che si gioca sugli spalti. Il bello dello spettacolo sarà la scenografia per una volta e non la recita degli attori. La cornice di due tifoserie distanti oltre 200 metri, pronti a fronteggiarsi con cori, striscioni e sfottò che solo un derby sa regalare, ognuno nella propria storica dimora: la per i romanisti, la curva Nord per i laziali.

CURVA NORD – Le origini del tifo laziale si fanno risalire sul finire degli anni ’60 in un luogo inedito: la . Infatti, i vari ‘Tupamaros’, ‘CAST’, ‘Vigilantes’, ‘Ultras’, gruppuscoli di giovani ‘attivi’ nei tumulti del ’68, si ritrovano a supportare la propria squadra dagli spalti della Sud, oggi nido del tifo romanista. Vi rimarranno fino al 1979, l’anno della morte di Paparelli. E’ una domenica d’ottobre, è di scena il derby capitolino e dalla Sud, occupata dai giallorossi, parte un razzo che colpirà mortalmente il trentatreenne tifoso laziale. Rimarrà una delle pagine nere nella letteratura stracittadina. Nello stesso anno gli ‘Eagles Supporters’, nati un paio d’anni prima, decideranno per la migrazione in curva Nord. Balzano immediatamente dall’altra parte anche il resto della tifoseria (che nel frattempo si è riunita nel Commandos Monteverde Lazio), fatta eccezione per i ‘Viking’ che tarderanno il passaggio di due anni. Comincia da qui la storia dei laziali con la curva Nord.

Otto anni più tardi l’attraversamento dell’Olimpico, nel 1987, irrompe sulla scena un altro gruppo: gli ‘Irriducibili’, nati dall’Associazione Mr Enrich (l’omino raffigurato sferrante un calcio nel simbolo del gruppo). Saranno portatori di cambiamento: in basso uno striscione di oltre 10 metri, il tifo non prevede più il supporto dei tamburi ma si appoggia solo a cori “all’inglese”, nasce anche il merchandising del gruppo. L’ingresso degli Irr sposta definitivamente l’asse politico del “governo Lazio” sull’estrema destra: simboli politici e cori razzisti faranno spesso da sfondo ad ogni partita dei biancoazzurri. Il loro avvento è seguito a distanza di cinque anni dall’arrivo di Cragnotti, l’uomo che restituirà una caratura internazionale al club di Formello.

Il ritorno in Europa è anche l’opportunità per stringere gemellaggi europei come con gli aficionados del Real Madrid o i fan del Chelsea, da affiancare alle amicizie nazionali con la curva Nord dell’Inter, oltre a quelle con triestini e veronesi, per affinità “ideologiche”. Fino al nuovo millennio che si apre con lo scudetto conquistato e migliaia di tifosi laziali a manifestare in Via Allegri per i torti subiti nel campionato precedente, quindi, nel 2002, per i 15 anni del gruppo-capo della Nord, viene assegnato dalla società il numero 12 alla tifoseria, emblema di una superiorità numerica dovuta all’incitamento di ‘Irriducibili’ e colleghi. La Nord cambia definitivamente fisionomia: spariscono i ‘Viking’, si ridimensiona fortemente la ‘Banda Noantri’, rimangono al timone gli ‘Irriducibili’ e i ‘C.M.L. ‘74’, affiancati nel 2006 dalla nascita del ‘Sodalizio’, sostituto della tramontata Associazione Italiana Lazio Club.

Quindi il 2007, l’11novembre, quando il mondo laziale piange un’altra vittima. Stavolta lo stadio e il calcio c’entrano ben poco: Gabriele Sandri muore nel piazzale di un autogrill in provincia di Arezzo, tappa intermedia di una trasferta laziale a Milano. Da quel giorno, il volto di Sandri campeggerà sulla vetrata che divide la Nord dal rettangolo di gioco. Due anni e mezzo dopo al 26enne sarà intitolata anche il settore del tifo biancoazzurro: diventerà Curva Nord Gabriele Sandri. Il declino è in agguato: l’avversione nei confronti del nuovo presidente Lotito e il logorio di un gruppo ventennale condannano all'epilogo: l’atto finale è l’entrata in Nord della Polverini, in un Lazio-Bari. Arrotolato lo striscione degli ‘Irriducibili’ (marzo scorso), pochi mesi dopo aver bissato l’esperienza del tifo al contrario in chiave anti-romanista (Lazio-Inter), si scioglie anche la Curva Nord “a fronte dell’ennesimo scempio perpetrato per far disinnamorare i tifosi e allontanare la gente dagli stadi” si legge nel comunicato di congedo: lo scempio ha nome e cognome preciso, Tessera del Tifoso. Si chiudeva così un’era di tifo laziale con un campionario di coreografie di primo livello, suggellate da striscioni dal politico (come puntualmente avveniva quando si presentava il Livorno ma anche in qualche derby) alla goliardia cittadina (come “Noi oltremanica, voi a Torvajanica” oppure “Fate il vostro gioco: noi poker servito” riferito ai quattro derby vinti nella stessa stagione dalla Lazio).

La storia del tifo romanista affonda le sue radici, come per la controparte laziale, in una miriade di piccoli gruppi frastagliati prima che, all’alba del 1977, sorgesse il Commando Ultrà (spesso abbreviato in CUCS), dall’unione di ‘Boys’, ‘Pantere’ e tutti quei gruppi, esclusi i ‘Fedayn’, che affollavano singolarmente gli spalti della Sud. Nasceva il più grande gruppo romanista, ma l’idillio durerà lo spazio di una decade: a frantumare l’unione dei tifosi giallorossi è Manfredonia Lionello, giunto nella capitale nell’87, ex e Lazio con annesso coinvolgimento nello scandalo scommesse. Il curriculum, come naturale, non adatto per entrare nelle grazie dei tifosi.

Le due anime del Commando entrano in conflitto: da una parte chi, pur non avendone condiviso l’acquisto, preferiva non fischiare il calciatore; dall’altra il nascente GAM (Gruppo Anti Manfredonia) rimaneva sulla linea precedente all’acquisto, fischi, contestazioni e striscioni accompagnavano le prime uscite giallorosse dell’ex Lazio. Il 2 settembre del 1987 segnerà il punto di non ritorno. In un Roma- di Coppa Italia disputato allo stadio Flaminio, il CUCS-GAM espone uno striscione eloquente che recita “Indegno, levati quella maglia”. Ne nacque una rissa, con tanto di accoltellamenti. La Sud è dilaniata: i ‘Fedayn’ aumentano ulteriormente il distacco dal resto della tifoseria, riappare lo striscione dei ‘Boys’, i due CUCS sono agli estremi della curva, sul muretto lato Monte Mario stazionerà il “vecchio” CUCS, sull’altro versante, lato Tevere, troverà dimora il GAM (che continua ad astenersi dal tifo quando in campo c’è il pomo della discordia). E’ la fine del Commando Ultrà. Nascerà ‘Opposta Fazione’ da una frangia del GAM, si sfalderà anche il resto del CUCS, nonostante il vano tentativo di riunificazione pochi anni più tardi, nella stagione 1993-94. Sono anni tortuosi per la che assiste alla chiusura di un’era, la stagione del CUCS tramonta assieme al vecchio millennio.

“Il cammino non sarà facile e neanche di sicura riuscita. Ma se anche stavolta non riusciremo a fare una curva unita allora è proprio finita per i prossimi vent'anni” si legge in un volantino distribuito alla prima casalinga del campionato 1999-00. Urge ripartire, in nome della Roma. Il nuovo corso porta via i tamburi dalla , gli As Roma Ultras manterranno le redini del tifo, con uno scioglimento nel mezzo, fino al 2004, mentre in trasferta i gruppi si riuniscono sotto lo striscione 1973’. La situazione è ancora in ebollizione con una divisione ‘ideologica’ tra parte alta e bassa del settore, mentre sui ‘muretti’ hanno preso posto ‘Ultras Primavalle’ e ‘Ultras Romani’. Nonostante ciò è costante e impagabile l’appoggio che la Sud riversa per la Roma, arrivando fino alla cavalcata dello scorso campionato che portò l’onda giallorossa ad inondare Bari (13000 presenze), Parma (8000 al seguito) e il finale di Verona (20000) con la poetica chiosa del “Chi tifa Roma non perde mai”, a conferma di una fede imprescindibile.

e Curva Nord, viscere del tifo romanista e laziale, nonostante l’avversità alla Tessera del Tifoso che ne ha violato l’atavico sogno, saranno nuovamente lì, l’una di fronte all’altra pronte ancora ad illuminare la stracittadina con le loro coreografie, a comporne la colonna sonora con i loro cori. Sul campo ne scendono 22, ma è come se ce ne fossero 80000, in una schizofrenica danza di passione e sentimenti, in cui alle gioie degli uni corrisponderanno diametralmente le sofferenze degli altri. Ma il derby è lì, dove la partita non si vede, ma si vive.



Mirko Bussi