Romanisti di Roma 10/02/2009 19:59

PORTA METRONIA e FRANCESCO TOTTI

L’Appio Latino comprende luoghi topici dell’immagine più antica e classica di Roma: la tomba di Cecilia Metella, il Circo di Massenzio e la basilica di S. Sebastiano. Una volta la zona era costellata di pergole di osterie campestri, prati, casali e ville dai parchi rigogliosi e ombrosi. Un po’ ovunque si trovavano vigne il cui vino genuino era atteso dai romani per le ottobrate “fori porta”. Accompagnata da sepolcri e ruderi monumentali, con antiche chiese e catcacombe, la via Appia Antica venne definita “la regina delle vie”; la via Appia Nuova, invece, sistemata in età moderna, era percorsa dai carri di vino provenienti dai Castelli romani e dai gitanti “fori porta”. Anche la via Latina è segnata da importanti resti monumentali della Roma antica con catacombe e sepolcri sotterranei.

I confini dell’area vanno dalla via Appia Nuova fino all’incrocio con via dell’Almone, che prosegue in via di Cecilia Metella, per poi girare e ritornare verso la à lungo la via Appia Antica fino a raggiungere le mura aureliane davanti alla porta di S. Sebastiano e quindi scendere lungo il viale delle Mura Latine, oltrepassare il piazzale Metronio fino al piazzale Appio, da dove ha inizio la suddetta Appia Nuova.


Proprio il piazzale Metronio è dove si staglia Porta Metronia. Antica porta d’accesso che si apre lungo il perimetro delle Mura Aureliane. E’ definita come “posterula”, ossia una porta secondaria, un passaggio più che altro per i camminamenti delle guardie di ronda nei castelli e nelle fortificazioni, ed era parte di una torretta sporgente verso l’interno della à.


La scarsa importanza della porta ne favorì la chiusura probabilmente già al tempo della guerra gotica, deviando il traffico sulle adiacenti porta Latina e porta Asinaria; la zona era depressa, e il piano originale rimase coperto da alcuni metri di detriti provenienti dalle zone circostanti. Eppure nel 1122 il luogo tornò oggetto di attenzione per la costruzione di una sorta di rudimentale acquedotto: quello detto dell'acqua Mariana. Sul lato interno si scorge una targa del 1157, che ricorda il restauro effettuato dal alcuni membri del Senato Romano in occasione del conflitto con l'Imperatore Federico Barbarossa. L'epigrafe è particolarmente importante perché la prima volta dal crollo dell'Impero che viene esposta la sigla S.P.Q.R.

E proprio dietro quella Porta, in via Veutolonia, trascorse la primissima infanzia il piccolo , nato il 27 settembre 1976 da mamma Fiorella e papà Enzo. Ha un fratello maggiore, Riccardo (suo attuale agente), e una passione sconfinata e smodata per il calcio. Proprio su questo sono esplicative le parole di Fiorella: “Vivevamo in via Vetulonia, con i miei genitori. Stavano molto male tutti e due e io non volevo che Francesco vedesse i nonni soffrire, così lo portavo a giocare a pallone. Dapprima sotto casa (alla Fortitudo di mister Trillò, ndr), poi a sei anni alla Smit di Trastevere (alla corte di Pergolati e Paolucci, ndr) e poi più tardi alla Lodigiani. Ma si vedeva sin da piccolo che era forte di gambe. Quando aveva nove mesi siamo andati in villeggiatura sull’Adriatico, lui camminava già sulla spiaggia spingendo un pallone. Faceva ridere tutti, ho ancora le foto. Il pallone, lui, ce l’aveva dentro. Ma Francesco da piccolo pensava solo a giocare e divertirsi. Lo accompagnavo in macchina agli allenamenti, prima due volte a settimana, poi quando è passato alla Lodigiani tutti i giorni. Da San Giovanni a San Basilio, ogni pomeriggio. Portavo lui e il suo compagno Giuseppe Capano. Non lavoravo, mi dedicavo ai miei figli e i miei genitori. Certo sono stati sacrifici, ma sacrifici d’amore che non mi sono pesati. E poi io pensavo sempre che era meglio portarlo fuori che tenerlo a casa con i nonni malati. Finito l’allenamento lo accompagnavo al catechismo e gli imponevo di fare i compiti. Gli ripetevo: Francesco, tre sono le cose più importanti, la famiglia, lo studio e il calcio. Se dovevo punirlo, gli vietavo di giocare a pallone e lui soffriva. Poi è passato alla Roma, ma noi siamo rimasti sempre con i piedi per terra, vivevamo questa avventura con serenità, senza affanni. Quante mamme deluse ho visto in quegli anni. Ma lui andava avanti e sotto casa, a via Vetulonia, cominciavano gli assedi dei tifosi. Alla fine non ne potevamo più di vivere lì. Francesco ha comprato questa grande casa fuori Roma e ha voluto che tutti andassimo a vivere con lui, io, il padre e anche il fratello Riccardo con la moglie Laura. Riccardo era un po’ perplesso, ma Francesco insisteva: mamma, convincilo, deve starmi vicino. “

Il ruolo occupato in campo da piccolino è quello di centrocampista, scelta quasi obbligata per i mister che hanno la fortuna di allenarlo, data la classe "pulita" che il giovane esibisce con estrema disinvoltura. Poi, nel 1986, il passaggio alla Lodigiani, primo passo importante verso il calcio che conta. Quindi, richiesto da Roma e Lazio, sceglie la prima spinto anche dalla madre e soprattutto dal fratello Riccardo, ed entra, nel 1989 a soli 13 anni, nelle giovanili della squadra. Nel 1993, Francesco conquista il suo primo successo: lo scudetto Allievi. Con Luciano Spinosi, in Primavera, vince una coppa Italia. Dopo tre anni di settore giovanile alla Roma, nella stagione 1992-93 entra nel giro della prima squadra grazie a Vujadin Boskov, che lo fa esordire in Serie A a 16 anni, il 28 marzo 1993 nei minuti finali della partita Brescia-Roma (0-2). L'allenatore Carlo Mazzone si rivela quasi un secondo padre per , in special modo durante il passaggio dalla Primavera alla prima squadra. Mazzone, come si fa con i figli precoci, cerca di proteggerlo dalle curiosità, dalle attenzioni, dalla fama: "So io come farlo crescere", diceva.

Il resto è storia straconosciuta. Giusto qualche dato per rinfrescare la memoria di questo immenso calciatore che vuol dire A.S. Roma . È il maggiore goleador di tutti i tempi e l'uomo con più presenze nell'intera storia giallorossa, sia per quanto riguarda il campionato che per le coppe europee. Nel 2004 è stato incluso nella FIFA 100, una lista dei 125 più grandi giocatori viventi, selezionata da Pelé e dalla FIFA in occasione delle celebrazioni del centenario della federazione. Lo stesso Pelè lo ha definito il più forte giocatore al mondo in un'intervista del gennaio 2006.

Nel campionato di Serie A 2006-2007 ha vinto la classifica dei marcatori e la Scarpa d'oro come miglior realizzatore di tutti i campionati europei di calcio con 26 gol. Con la maglia della Nazionale ha segnato 9 reti, mentre la 58a e ultima presenza è stata la finale del campionato del mondo 2006, vinta contro la Francia.