La penna degli Altri 06/05/2025 08:33
Spalletti: "Totti è un figlio, Ilary una piccola donna"

Francesco Totti è, nel bene e nel male, l'esempio più estremo del mio modo di rapportarmi a un calciatore. [...] Molti hanno sostenuto che sono stato io a far ritirare Totti. Falso. Il mito di Totti, la bandiera, erano aspetti che andavano gestiti dalla società, non da me. L'avevo chiesto con chiarezza al mio ritorno. Non mi si doveva mandare al massacro in quell'uno contro tutti. Io ho sempre messo in campo la formazione con cui pensavo di vincere, né più né meno. Ma la Sud a un certo punto si è schierata contro di me. Tutti i media hanno cavalcato la guerra contro Spalletti. Qualche copia in più in tempi di magra, li capisco. Eppure, la squadra era con me: se avessi fatto dei torti al loro capitano — considerato che in spogliatoio c'era gente di personalità del calibro di De Rossi, Strootman, Nainggolan, Seydou Keita, Maicon - i giocatori sarebbero certamente insorti a difesa di Francesco. (...) Abbiamo sbagliato tutti in quella situazione. Ha sbagliato la società a non prendersi le proprie responsabilità e a lasciare che l'allenatore affrontasse da solo una vicenda così complicata; ho sbagliato io, come spesso mi succede, a non mettere qualche sfumatura in più in ciò che dicevo; ha sbagliato Francesco e credo — sono convinto — che, a distanza di tempo, l'abbia capito. Quando smetti di giocare a calcio, scopri di non essere più una divinità: all'inizio è crudele, ma poi, se non sei fatto di legno, questa consapevolezza ti fa diventare un uomo migliore, affina la sensib-lità e la comprensione degli altri. Capita ai più grandi. È capitato anche a Francesco. (...) Ho fatto cose per lui che non ho fatto per nessun altro. Francesco non può nemmeno immaginare quanto io abbia compreso le sue ragioni, le sue esitazioni, il suo dramma nel dover lasciare il calcio. Carne della sua carne. La sua carne era parte della Roma, lui era la Roma, anche la sua ruggine lucidava il metallo. (...) Persone più colte di me mi hanno suggerito l'espressione deus ex machina. Il salvatore della patria che scende dal cielo con i suoi superpoteri e, in mezz'ora, venti minuti, ma anche dieci, ribalta il destino di una partita. Nella mia testa era questa l'uscita di scena più dignitosa possibile per uno con la sua storia. Il suo carisma era talmente penetrante che i più giovani in campo, palla al piede, cercavano solo lui. Questo poteva essere utile in una porzione ridotta di partita, ma dannoso se spalmato nei novanta minuti. Totti è stato idolatrato a Roma e questo probabilmente lo ha "viziato" un po', gli ha impedito di percepirsi diversamente. Francesco per me sarà sempre come un figlio, allo stesso tempo la sua ex moglie non sarà mai per me come una nuora. Quando lei mi offese gratuitamente presi ancora più consapevolezza di quanto fossi un uomo fortunato ad avere al mio fianco una compagna molto intelligente, che mai mi ha messo in imbarazzo intromettendosi con così tanta arroganza e maleducazione nel mio lavoro. (...)
(La Repubblica - L. Spalletti)