La penna degli Altri 03/06/2024 07:34
Falcao: “La mia cara Roma: Da Ago a De Rossi”
IL MESSAGGERO - Paulo Roberto Falcao ha già lanciato un appello via Instagram per il suo Brasile colpito da un devastante alluvione. L’occasione di una chiacchierata perlopiù calcistica con il quotidiano, gli regala possibilità di rilanciare il grido d’aiuto. Queste le parole dell’ex giallorosso:
Falcao, com’è la situazione? ”
“Tragica. Fortunatamente oggi è stata la prima giornata di sole dopo tanto tempo e le previsioni danno sole per i prossimi 7-8 giorni. Il problema, però, oога che l’acqua si è ritirata, è il conteggio dei danni. Ci sono città che vanno ricostruite, l’acqua ha portato via tutto. Addirittura dei paesi sono letteralmente scomparsi e le autorità locali stanno pensando di spostare le persone in altri luoghi. Immaginate chi ha speso i risparmi di una vita in una casa e ora questa non solo non c’è più, ma non c’è nemmeno il posto nel quale è nato e cresciuto. Senza contare i morti: per ora sono 169 ma ci sono tanti dispersi. Chi può, ci aiuti”.
Passare al calcio non è semplice. L’agevolo: la prima cosa della quale le farebbe piacere parlare?
“Agostino (Di Bartolomei, ndr). Nei giorni scorsi è stato l’anniversario dei 30 anni della sua morte. Per me è un ricordo sempre doloroso. Il nostro legame era così forte che tempo fa scrissi un libro “Storie di calcio” egli e dedicai un intero capitolo titolandolo “L’imperatore del centrocampo”. La prima volta che lo vidi, mi fece questa impressione. Con quel fare apparentemente scontroso, i capelli pettinati in avanti, somigliava a Caligola e nello spogliatoio in tanti iniziammo a chiamarlo così. Centrocampista tecnico, lancio lungo, intelligente in campo e fuori. Era un ragazzo molto serio, strappargli un sorriso non era facile ma sapeva anche scherzare. E poi, aveva una generosità fuori dal comune”.
Può raccontare qualche aneddoto?
“Quando arrivai mi fece un po’ da Cicerone. Io non conoscevo nulla di Roma e lui mi portò in giro a pranzo, per negozi, dimostrandosi sempre molto disponibile. Tanti anni fa incontrai in una festa la moglie e il figlio Luca. Mi sembra fosse la ricorrenza degli 80 anni della Roma, ma potrei sbagliare. Per me era un amico, non riesco ancora а саpacitarmi come possa essere accaduto. Con i ragazzi di quella Roma, anche se ci siamo persi inevitabilmente di vista, è capitato di riparlarne. Soprattutto con Bruno (Conti, ndr) e Righetti. Ho rivisto tempo fa anche Pruzzo e Turone in occasione di un docufilm sul famoso gol di Ramon annullato nell’1981 che ci privò dello scudetto. Quando penso a loro c’è sempre tanto affetto”.
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Ha avuto modo di vedere la Roma sotto la gestione di De Rossi?
“Sì, in tv non mi sono perso la gara con il Brighton, le due con il Milan e la prima con il Leverkusen in Europa League. Le prime tre veramente giocate bene, quella con i tedeschi un po’ meno. Daniele è giovane, conosce la città, può lavorare più tranquillo rispetto ad altri. Sono felice che la società gli abbia dato fiducia. Ora però va messo nelle condizioni migliori. L’importante è che gli sia dato del tempo in caso inizialmente le cose non dovessero andare come si spera”.
E un caso che tanti centrocampisti poi si siano rivelati grandi allenatori?
“No, probabilmente perché riescono a vedere il gioco da dietro e quando poi smettono sono agevolati nel riproporlo. Non mi ha quindi stupito l’ascesa di Daniele. Tra l’altro ora che mi ricordo tanti anni fa ci parlai, lo incontrai in un negozio di abbigliamento a Casal Palocco. Io lavoravo per la televisione Globo e una collega mi chiese, o forse proprio Daniele fu a chiedermelo, in cosa doveva migliorare. Gli risposi che per me era forse troppo falloso. E migliorò anche in quel fondamentale, chiaramente non perché glielo dissi io ma poi è riuscito a laurearsi campione del mondo”.
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