La penna degli Altri 28/01/2023 12:00
Il partito allo stadio
Fanno fallire una squadra di calcio, il Chievo Verona, con un mostruoso paradosso. Non le concedono di sistemare le proprie pendenze fiscali di 16 milioni a causa di una legge fatta per salvare le aziende dalle conseguenze della pandemia. E il nuovo governo patriottico è già al lavoro per rendere ancora più odioso quel paradosso. Evitare il fallimento delle altre squadre consentendogli di sistemare pendenze fiscali di 889 milioni, proprio con la scusa che c'è stata la pandemia.
Non che fra destra e sinistra ci siano profonde differenze di sensibilità rispetto al calcio. Va però detto che la maggioranza politica responsabile dell'ultimo scandaloso regalo ai potenti club di serie A, gentilmente omaggiati della possibilità di pagare le tasse in 60 comode rate proprio mentre infuria la tempesta giudiziaria sulle plusvalenze, è identica (pur con sigle leggermente diverse) a quella che governava vent'anni fa, al tempo di altri imbarazzanti omaggi fiscali.
Il 24 dicembre 2002 il secondo governo presieduto dal padrone del Milan Silvio Berlusconi concede di spalmare in dieci anni i debiti delle squadre di calcio, ovviamente compreso il suo Milan che ne aveva per 242 milioni. Nel 2003, dopo la finale di Champions League tutta italiana fra Milan e Juventus, vinta dal club di Berlusconi ai rigori, viene recapitato al Fisco un singolare interpello. Si chiede di sapere se è corretto che sui diritti televisivi della Champions non si paghi l'Iva. La risposta è la seguente: «Certo che no!». Con la motivazione che «la prestazione» avviene a Ginevra, in Svizzera, non appartenente all'Unione europea. Passi che l'utilizzo di quei diritti avvenga in Italia... Milan e Juve ringraziano. Passa qualche mese e la Lazio di Sergio Cragnotti sta fallendo. Deve al fisco 157 milioni e non sa dove prenderli. Allora si fa avanti un imprenditore del settore delle pulizie, Claudio Lotito, che si offre di comprare. Non prima di aver ottenuto, però, di pagare le imposte, scontate, in 23 anni. Lo prevede un decreto dello stesso governo Berlusconi, che autorizza l'Agenzia delle Entrate a concludere transazioni con i contribuenti morosi.
E il caso vuole che due decenni dopo sia lo stesso Lotito a manovrare per far ottenere ai club di serie A l'ultima super rateizzazione. Stavolta da una posizione ben diversa. È senatore del partito di Berlusconi, senatore a sua volta come anche Adriano Galliani, l'amministratore delegato del Monza calcio: il nuovo club del Cavaliere. A dimostrazione che il parlamento e la politica esercitano per i padroni del pallone un'attrazione irresistibile.
Ma il calcio è così tenuto in palmo di mano dalla politica da riuscire a incassare favori anche a sua insaputa. Succede nel 2019 con il primo governo grilloleghista di Conte. L'articolo 5 del cosiddetto decreto «Crescita» per favorire il «rientro dei cervelli» stabilisce che chi viene a lavorare in Italia per almeno due anni dopo averne trascorsi almeno due all'estero paga le tasse su appena il 30 per cento del reddito. Ma siccome la norma non prevede paletti di alcun tipo, la cosa può riguardare tutti. E chi normalmente viene dall'estero a lavorare in Italia, per giunta con redditi elevatissimi? Ovvio: i calciatori e gli allenatori. L'Agenzia delle Entrate non sa dire quante tasse abbiano risparmiato dal 2019 allenatori e calciatori. Ma è certo che grazie a questa bella pensata del governo a trazione M5s una bella fetta degli stipendi stellari dei lavoratori della pedata la paghiamo noi.
(Milano Finanza)