La penna degli Altri 14/11/2021 10:32
Malgioglio: "Grazie Mattarella, ma io devo tutto ai bambini disabili e alle loro famiglie"
GASPORT - L'ex portiere della Roma Astutillo Malgioglio ha rilasciato un'intervista al quotidiano sportivo, in vista dell'onoreficenza al Merito della Repubblica Italiana che riceverà dal Presidente della Repubblica Mattarella il 29 novembre. Le sue parole:
"L’ho saputo due giorni fa. Ho già ricevuto talmente tanto dalla mia vita, che non penso di meritare anche questo. Non so se sono degno di ricevere questa onorificenza, voglio condividerla con le famiglie di quegli angeli che mi hanno dato la possibilità di fare la cosa più bella del mondo: aiutare il prossimo. E ogni volta che ci riesco, mi sento l’uomo più fortunato della Terra. Quando ho ricevuto la notizia ero con i genitori di un bambino disabile, si sono commossi e questo per me è il senso di tutto".
Malgioglio lo ha fatto sin da giovane: "Avevo 19 anni ed ero titolare del Brescia in Serie B quando, grazie ad un amico, visitai per la prima volta un centro per disabili. Mi impressionò la loro emarginazione, l’abbandono. Fu un’emozione fortissima, un pugno nello stomaco. (...) La vita non poteva essere solo una palla di cuoio che rotola. Mi sono messo a studiare e mi sono specializzato nei problemi motori dei bambini. (...)
Nel calcio sono sempre stato un sopportato. È un mondo che gira solo intorno a se stesso e ai suoi piccoli drammi della domenica; ogni voce fuori dal coro è un pericolo. (...) Avevo sempre gli occhi di tutti puntati addosso. Dovevo rendere al 110% per non sentire le chiacchiere odiose di chi davanti a un errore in campo magari commentava «Quello pensa agli handicappati invece che a parare...». (...)
Nel 1983 Liedholm lo chiamò alla Roma nel ruolo di vice Tancredi, l’anno dopo la vittoria dello scudetto: "Furono due stagioni splendide. La società mi è sempre venuta incontro: portavo i bambini disabili a Trigoria per la rieducazione, usavo la palestra della squadra dopo l’allenamento. Il calciatore Malgioglio aveva il piacere di giocare con Falcao e Cerezo, l’uomo Astutillo aveva l’onore di aiutare i bambini".
(...) Poi il passaggio alla Lazio, in Serie B, in una stagione tormentata: la squadra faceva fatica, la società era assente e i tifosi lo criticavano per il suo impegno fuori dal campo: "Mi sono sempre chiesto il perché di tanta ostilità; non ho mai preteso applausi, solo un po’ di rispetto". In una partita persa in casa comparve uno striscione: "Tornatene dai tuoi mostri", fu il punto di rottura. Malgioglio si sfilò la maglia, la calpestò, ci sputò sopra e la tirò ai tifosi: "Mi fa male tornare su questo episodio. Non rifarei quel gesto. Solo io e la mia famiglia sappiamo la sofferenza provata. Quello che mi ferì di più non furono le cattiverie nei miei confronti ma la mancanza di rispetto, di solidarietà, di umanità per quei bambini sfortunati che non c’entravano niente (...)".
Quando aveva deciso di smettere arrivò la chiamata di Trapattoni, che lo scelse per l'uomo che era, ancora prima del calciatore: "Firmai in bianco e restai all’Inter cinque anni, vincendo uno scudetto in nerazzurro. Con gli ingaggi rinnovai la palestra con attrezzature all’avanguardia (...)". Con la fine della carriera sono venuti a mancare i fondi per il centro di rieducazione: "La struttura costava molto e io non me la sentivo di far pagare i pazienti (...)", così insieme a sua moglie decise di seguire i casi più gravi a domicilio.
Malgioglio ha messo da parte l'amarezza di esser stato dimenticato dal mondo del calcio: "(...) mi sono pentito di aver provato anche amarezza. La mia strada era un’altra e mi ha permesso di entrare ancora più a contatto con chi ha bisogno. Mi sono rinnovato anche nello spirito. Non rimpiango nulla e mi sento un uomo enormemente fortunato".