La penna degli Altri 05/05/2021 09:03
Da "zero tituli", alle "manette" fino alle "orecchie" agli juventini
IL TEMPO (M. VITELLI) - Special One per autoproclamazione. Minacce fatte e ricevute, scontri verbali e gesti memorabili. José Mourinho è tutto questo e anche di più. In vent’anni di carriera di allenatore, al portoghese di Setubal abbiamo visto dire e fare davvero di tutto, tranne che tradire i suoi. Chi è nel suo cerchio magico è il migliore ed è intoccabile, gli altri sono nemici da combattere e abbattere. Ora, a Roma, dovrà innanzitutto cercare di far archiviare ai giallorossi quel «zeru tituli» che è entrato tra i tormentoni del calcio.
È il 3 marzo 2009 e al termine di un Inter-Roma 3-3, durante il quale Balotelli si conquista e realizza un rigore assai dubbio, Mourinho si presenta in conferenza stampa e ne spara una delle sue. «La Roma ha grandissimi giocatori, tanti che volevo avere con me e finirà la stagione con zero titoli». Epocali i suoi scontri con l’alsaziano Arsène Wenger, manager dell’Arsenal dal 1996 al 2018. «Un giorno lo beccherò fuori da un campo di calcio e gli spaccherò la faccia», la minaccia del portoghese.
Quasi ci provò sul terreno di gioco, invece, quando nel settembre del 2018, durante un match tra Chelsea e Arsenal, servì l’intervento del quarto uomo per evitare lo scontro fisico tra i due. Capitolo Juve. Tra Mou e i bianconeri è battaglia vera dal 2 giugno 2008, giorno della firma con l’Inter. Indimenticabile il gesto delle manette durante una gara contro la Sampdoria. È il 20 febbraio del 2010, i nerazzurri, in nove a causa delle espulsioni di Samuel e Cordoba, resistono alla Sampdoria e portano a casa un prezioso 0-0 in chiave scudetto. Intanto Mou mostra i polsi incrociati al pubblico simulando le manette («per farci perdere devono arrestarci», il significato del suo gesto). Si prende tre giornate di squalifica, una multa di quarantamila euro e l’amore incondizionato dei suoi tifosi.
Ogni interista ora si sente parte di un esercito, è la chiamata alle armi. Noi contro tutti. Il 23 ottobre del 2018 il Manchester United allenato da Mou affronta all’Old Trafford la Juventus per una gara della fase a gironi della Champions League. Finisce 1-0 per i bianconeri con gol di Dybala, i tifosi della Juve attaccano il nemico. E Lui, impassibile, alza la mano destra e mostra tre dita a ricordare loro il triplete con l’Inter. È la sintesi della comunicazione, roba da Nobel. E non finisce qui. Perché il 7 novembre, all’Allianz Stadium i Red Devils vincono 2-1 e il portoghese, dopo essere stato insultato per tutta la partita, avvicina la mano all’orecchio per provocare i tifosi di casa. «Ho sbagliato», ammette in conferenza. Si sarà pentito davvero? Altro show nel 2013, quando sulla panchina del Real Madrid, durante una partita in casa del Borussia Dortmund, mima con le mani un binocolo per protestare contro l’arbitro, a suo dire sempre troppo lontano dalle azioni. Ora lo attende un’altra grande avventura, Mou è carico. «Un vincente non è mai stanco di vincere», una delle sue frasi più celebri. E a Roma è già Mou-follia.