La penna degli Altri 03/11/2020 08:51
Gigi Proietti, la Roma più bella
IL ROMANISTA (T. CAGNUCCI) - Si dice che Ettore Petrolini poco prima di morire fece una battuta. Un modo supremo per far vincere la vita. Quello definitivo. Una battuta sul letto di morte e così la morte è battuta. Gigi Proietti (il più Petrolini di tutti i Petrolini che sono seguiti a Ettore Petrolini) che se ne va il giorno del suo compleanno è sì - come hanno scritto già tanti - la mandrakata finale. (...)
Gigi Proietti oltre a essere per sempre Mandrake, e quello delle barzellette che fanno davvero ridere, per me ha fatto soprattutto questo: ha portato Shakespeare a Villa Borghese e lo ha fatto come i padri "ce" portano i ragazzini la domenica mattina. Ha fatto scuole di teatro e sfornato, modellato e dato una via ai talenti. Ha studiato. Ha lavorato. Dietro a un "aho", a un fischio maschio senza raschio, ci stanno sudore, studio, impegno, letteratura con tanti rischi. Gigi Proietti è stato Mandrake ma anche Otello, Dumas padre e amico del Pomata fijo de 'na mignotta. L'alto e il basso. L'aristocratico e il popolare. Lo sberleffo e il pensiero. La bocca che si apre per ridere e la fronte che si corruccia per riflettere. Un mostro teatrale. Gigi Proietti non è solo quello che «al cavaliere nero non je devi rompe' er cazzo» e non lo è proprio perché al cavaliere nero devi portare un certo rispetto. È un cavaliere vero.(...)
È stato il tutto che ancora è, anche perché per esempio per primo portò le puttane e il loro linguaggio a corte, vicino alle regine, i porri gallesi accanto alle gemme della corona, il beone Falstaff accanto a un Re capace di vincere "con un manipolo di pochi" l'esercito di troppi francesi. L'alto e il basso. L'aristocratico e il popolare. Per questo Gigi Proietti è stato e resterà per sempre Roma. L'ha onorata e trasmessa non solo per l'idioma o il dialetto, ma per lo spirito. Roma sta qui da prima di tutti, va saputa raccontare: non basta una parlata sguaiata, anzi Roma è tutt'altro. (...) Romanista nel senso che a Roma si è della Roma come un tratto, un costume, un dovere, una condizione, non si può essere altro. Socrates scrisse che sognava di morire la domenica in cui il Corinthians diventava campione, gli è successo. Proietti se ne è andato dopo la partita che per tutti è stata quella dei tre tenori. Invece almeno per oggi, Dzeko, Pedro e Mkhitaryan sono King, Soldatino e D'Artagnan solo perché così Mandrake prende finalmente la tris e vince. Pensa, per sempre.