La penna degli Altri 23/03/2020 14:41
Infantino: «Il mio calcio contro il virus»
Gianni Infantino, numero uno della Fifa, ha rilasciato un'intervista al quotidiano sportivo per parlare delle misure intraprese e di come il massimo organismo calcistico a livello mondiale sta affrontando l'emergenza sanitaria mondiale legata al Coronavirus. Queste alcune delle sue parole:
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A maggio si può ripartire?
«Prima la salute. Poi tutto il resto. E il resto, per i dirigenti, significa sperare il meglio ma anche prepararsi al peggio. Senza panico, diciamolo chiaramente: si giocherà quando si potrà senza mettere a rischio la salute di nessuno. Federazioni e leghe siano pronte a seguire le raccomandazioni di governi e Oms. Io ringrazio dottori, infermieri e tutti quelli che rischiano la loro vita per salvarne altre. Loro sono eroi».
Cosa può fare la Fifa?
«Abbiamo dimostrato spirito di cooperazione e solidarietà con Europa e Sudamerica. Ora pensiamo al calendario delle nazionali. E alle modifiche e alle dispense temporanee per i regolamenti sullo status dei calciatori e i trasferimenti. Per proteggere i contratti e adeguare i periodi di registrazione. Servono misure dure. Ma non c’è scelta. Dovremo tutti fare sacrifici».
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Non saranno utili interventi economici?
«Certo. Grazie alla nostra solida situazione finanziaria possiamo proporre misure di solidarietà. Dieci milioni di dollari al fondo Oms. Poi l’istituzione di un fondo globale di assistenza al calcio. Grazie agli ultimi quattro anni, la Fifa gode di ottima salute e risorse. Le riserve sono per situazioni di crisi Fifa, ma qui è una crisi del calcio mondiale. E mi sembra ovvio che dobbiamo fare tutto».
Lei ha dato una mano all’accordo sul calcio. L’emergenza riavvicinerà Zurigo e Nyon?
«In situazioni così, la salute è una priorità assoluta e servono misure eccezionali. È semplicemente quello che ho fatto. Sono e sarò sempre pronto ad aiutare chi ha bisogno, oggi Europa e Sudamerica, domani altri. È quello che ci siamo detti con Ceferin al telefono».
Spostare l’Euro significa spostare il Mondiale per club, il “suo” sogno.
«Non il mio sogno, ma un torneo Fifa per sviluppare il calcio di club mondiale, voluto da tutti i club, compresi i top europei. Quando l’Uefa creò la Champions, trent’anni fa, ci fu l’insurrezione di federazioni e leghe: avevano paura della novità. Ora si dice che è stata una genialata. Siamo di fronte a paure simili e inutili: tutti avranno benefici. Vediamo cosa diranno tra trent’anni. Presto decideremo se giocare la prima edizione nel 2021, nel ‘22 o al massimo nel ‘23. Ma non dimentichiamo una cosa…».
Cosa?
«Solo noi facciamo solidarietà mondiale. Il Mondiale per club e il Mondiale sono l’unica fonte d’introiti per la maggioranza delle federazioni. Senza, in oltre cento paesi non esisterebbero campionati, settori giovanili, calcio femminile, campi. Rinviare il Mondiale per club fa perdere centinaia di milioni alla Fifa e a tutte le federazioni. Abbiamo i mezzi per far fronte a queste perdite. Ma...».
Ma?
«Ma le soluzioni sul calendario internazionale devono tener conto degli interessi di tutti gli stakeholders. È una responsabilità Fifa. Ne parleremo con confederazioni, federazioni, leghe, club, calciatori. Sicuro che tutti siano pronti a fare un passo indietro, come noi».
Il calcio verso la recessione?
«Si rischia. Serve una valutazione dell’impatto economico globale. Ora è difficile, non sappiamo quando si torna alla normalità. Ma guardiamo alle opportunità. Possiamo forse riformare il calcio mondiale facendo un passo indietro. Con formati diversi. Meno tornei, ma più interessanti. Forse meno squadre, ma più equilibrate. Meno partite per proteggere la salute dei calciatori, ma più combattute. Non è fantascienza, parliamone. Quantifichiamo i danni, vediamo come coprirli, facciamo sacrifici – sarà avvantaggiato chi ha gestito la propria “azienda” in modo sano – e ripartiamo. Non da zero, siamo privilegiati. Ma salviamo tutti assieme il calcio da una crisi che rischia di essere irreversibile».
Vero che sta progettando una Superlega di club?
«Mi viene da ridere. E cos’altro? Da quel che vedo, ci pensano già altri a progettare e organizzare tornei in giro per il mondo, al di fuori dalle strutture istituzionali, e senza rispetto per il modo in cui è organizzato il calcio nazionale, continentale e mondiale. In futuro dobbiamo avere almeno 50 nazionali che possano vincere i Mondiali, non solo 8 europee e 2 sudamericane. E 50 club che possano vincere i Mondiali per club, non solo 5 o 6 europei. E una ventina di questi 50 saranno europei, il che mi sembra già meglio dei 5 o 6 odierni. Ma non è il momento di parlarne ora».
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C’è il rischio che il virus distragga da altre battaglie?
«Assolutamente no! Lotteremo contro razzismo, discriminazioni, partite truccate».
Var: gran partenza, ora sofferenze nei tornei nazionali.
«La Var è ormai indispensabile. Se usata come si deve, le critiche si placheranno. Può essere perfezionata, ma il fatto è che in alcuni paesi non rispettano il protocollo Ifab. È importante capire che la Var aiuta l’arbitro, e non che sia un altro a prendere le decisioni».
Novità in arrivo?
«Intanto viene usata in un centinaio di tornei di una settantina di paesi: molti miscredenti e/o gufi si sono dovuti ricredere. Ora investiremo di più, secondo la mia visione 2020-23, per fare una Var light, economica e funzionale. Globale. E chiariamo una volta per tutte: non esiste nessun obbligo. Chi non la vuole è liberissimo di non usarla. Ma chiedete ai critici se vorrebbero davvero tornare all’età della pietra».
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Possibile che non si assegni questo scudetto in Italia?
«Non sarebbe corretto dire qualcosa. E non è una decisione Fifa. Se mi sarà chiesta, darò la mia opinione. Ma il calcio, e lo scudetto, non mi sembrano ora le cose più importanti».
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(Gasport)