La penna degli Altri 16/12/2019 16:00

La libertà di critica e il metro di Mao Zedong

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Il Corriere dello Sport, dopo le polemiche scaturite prima dalla pubblicazione del titolo 'Black Friday' in prima pagine e, successivamente, la decisione adottata dall'Inter di chiudere la conferenza stampa di Conte a tutti i giornalisti in seguito ad un commento alla lettera di un tifoso  pubblicato sempre dal quotidiano sportivo, ha pubblicato una lettera aperta del giornalista Barbano  al direttore Zazzaroni. Questo uno stralcio:

"Caro Direttore, mi chiedo e ti chiedo che cosa stia accadendo attorno a noi. Due società, Roma e Milan, cacciano i nostri cronisti dai loro centri sportivi, invitando gli altri club a fare altrettanto. Organizzano una campagna d'odio nei confronti del Corriere dello Sport-Stadio, prendendo a pretesto un titolo, 'Black Friday', criticabile come tutto ciò che facciamo, ma certamente non razzista, come dimostra il coro generale di solidarietà che da ogni pulpito civile e istituzionale si alza a nostra difesa. Si coprono di ridicolo[..]. Poi, sabato, un'altra società, l'Intei annulla una conferenza stampa, perché - spiega in una nota - «dal Corriere dello Sport è stata pubblicata una lettera offensiva nei confronti del nostro allenatore, giustificando l'aggressione nel commento».  [..] La Roma, il Milan e l'Inter sono state in questi mesi oggetto di critiche severe da parte nostra. Non abbiamo fatto sconti alla disastrosa campagna acquisti dell'era Monchi e alla pessima gestione dei casi Totti e De Rossi, non abbiamo mancato di segnalare l'assenza di James Pallotta, l'incerta sorte dei suoi interessi speculativi, il valzer di manager; senza né portafoglio né delega, che si avvicendavano a corte. Allo stesso modo abbiamo mostrato la maldestra mano con cui Maldini e Boban hanno bruciato in un solo giorno due allenatori: quando, dopo aver esonerato «de facto» Giampaolo, hanno visto evaporare l'arrivo di Spalletti, ripiegando poi su Pioli con gli incerti risultati che sono sotto gli occhi di rutti. Ma i giudizi più severi sono stati proprio per la dirigenza nerazzurra. La proscrizione di Mauro Icardi, «regalato» al Paris Saint-Germain dove sta facendo sfracelli, ci è parsa da subito uno spreco inaudito. Non ci hanno convinto le parole del presidente Zhang: «E un grande giocatore, una brava persona e ha aiutato il club con molti gol: troveremo una buona soluzione per lui». Se il giudizio era così lusinghiero, perché sacrificare l'attaccante in nome  di chi non tollerava l'esuberanza della moglie Wanda? Anche questo abbiamo scritto. Noi che sappiamo quanto le discriminazioni più subdole si nascondano dietro le migliori intenzioni. Oggi l'Inter vorrebbe ricordarci, con un gesto plateale e simbolico, che va «garantito il rispetto delle persone». Non ebbe la stessa preoccupazione quando gli ultra della curva Nord spiegarono con parole «molto persuasive» a Lukaku che i buu contro di lui non erano da considerarsi razzisti, perché il razzismo in Italia non esiste. Quel giorno il Corriere dello Sport-Stadio invocò rispetto, ma l'Inter tacque. Stavolta invece grida alla lesa maestà di fronte all'aggettivo con cui un tifoso apostrofa Antonio Conte, in una lettera pubblicata sulla rubrica Post da Italo Cucci [..]. Queste vicende sono un campanello d'allarme. Perché ci dicono quanto un certo collateralismo faccia il potere più sprezzante e la nostra funzione più debole. Lo hanno capito a pieno l'Ordine dei giornalisti e l'Ussi, scesi in campo a difendere la libertà di informare e di criticare. Ma fa sorridere, per non dire peggio, il modo con cui alcuni colleghi hanno reagito alla cancellazione della conferenza stampa. [..] C'è chi è arrivato a rispolverare l'etica di Mao, un signore che certo ha molto poco da insegnare in tema di libertà. Non a caso sosteneva la necessità di colpirne uno, per educarne cento. Mentre in questo caso l'Inter avrebbe fatto il contrario. Colpendo tutti, per educarne uno. E sollevando, aggiungiamo noi, una nube di stupore nella riverente platea da cui è circondata. Caro Direttore, questa infantile e sleale concorrenza sui valori ci fa più fragili rispetto a un Palazzo abituato sempre più a raccontarsi e a celebrarsi da sé. Perciò di questi tempi la nostra indipendenza è la migliore offerta che dobbiamo ai lettori. [..]".