La penna degli Altri 28/06/2019 14:01
Inchiesta sullo stadio, concessi i domiciliari al legale socio di De Vito
IL MESSAGGERO (A. PIERUCCI) - Ai domiciliari dopo novantasette giorni di Regina Coeli. Prima scarcerazione eccellente, per il troncone dello scandalo stadio che ha fatto tremare il Campidoglio, per l'avvocato Camillo Mezzacapo, l'amico fedelissimo ed ex collega di studio di Marcello De Vito, il presidente dell'assemblea capitolina (M5S) con lui finito in manette il 20 marzo. Il giudice per le indagini preliminari Maria Paola Tomaselli ha autorizzato gli arresti domiciliari ieri pomeriggio. A un passo dalla chiusura delle indagini non si correrebbe più il rischio dell'inquinamento delle prove, così, anche i due pm titolari delle indagini, Luigia Spinelli e Barbara Zuin, hanno dato parere favorevole alla richiesta avanzata dai legali di Mezzacapo, i penalisti Fabio Frattini e Francesco Petrelli.
Il giorno dopo essere stato arrestato, davanti al gip, Mezzacapo aveva scelto di avvalersi della facoltà di non rispondere. Si era limitato a dichiarazioni spontanee per cercare di respingere, almeno in parte, le accuse. Nelle ultime settimane, invece, ha deciso di fare un passo in più e si è sottoposto a due interrogatori, «per chiarire», non collaborare. Mezzacapo, come De Vito, è accusato di corruzione e traffico di influenze, per avere incassato tangenti destinate al politico dagli imprenditori Luca Parnasi, Claudio e Pierluigi Toti e Giuseppe Statuto. «Conosco Marcello da quasi 20 anni, abbiamo studiato insieme - aveva raccontato - Solo amicizia la nostra». Aveva sostenuto di non avere mai pagato o ricevuto mazzette o ottenuto incarichi insieme all'amico: «Di politica non parlavamo più di tanto, l'unica cosa che ho fatto con Marcello è uscire, andare a delle cene con lui, perché facevamo attività di promozione professionale».
Mezzacapo aveva sostenuto pure che De Vito non avesse un ruolo decisionale: «È un personaggio pubblico, ma di quelli che tagliano i nastri, senza poteri». Per i giudici del Riesame De Vito, invece non era un uomo che «tagliava solo nastri», come aveva sostenuto il socio in affari Mezzacapo, ma era «l'amico potente», capace di sfruttare la sua influenza all'interno dei Cinquestelle e al Comune, riuscendo così a condizionare le scelte degli assessori e andando oltre le proprie competenze, per perseguire l'interesse di gruppi imprenditoriali privati, «con un profondo disprezzo per la funzione pubblica svolta». De Vito, ancora in carcere, avrebbe ideato un format corruttivo: incarichi legali allo studio Mezzacapo per promuovere i progetti di gruppi Parnasi, Statuto e Toti. È ormai nota l'intercettazione di Mezzacapo che illustra l'intreccio con l'amico politico. «Questa congiunzione astrale... è tipo l'allineamento della cometa di Halley, hai capito?... Cioè guarda... ci rimangono due anni». Risale al 2 febbraio, un mese prima dell'arresto.