La penna degli Altri 09/01/2019 13:05
Canta Osvaldo: "Il calcio, che schifo. Brividi solo per Totti. Zeman un secondo padre per me"
LEGGO (F. BALZANI) - Da San Siro al Broadway Music di Orta Nova, dalla Bombonera al Pocoloco di Paganica. La differenza è tanta, ma Pablo Daniel Osvaldo ora è davvero felice. L'ex bomber italo-argentino ha deciso di smettere a 30 anni col mondo del calcio (sabato ne compirà 33) per intraprendere la carriera di cantante. Oggi è la voce solista dei Barrio Viejo, una band rock nata 3 anni fa e che da qui al 2 febbraio farà tappa in varie città d'Italia tra cui Milano e Roma (rispettivamente il 18 e 19 gennaio) e che nelle prime due date in Abruzzo ha fatto registrare il sold out.
Avete inciso il vostro primo album?
«Sì, si chiama Liberaciòn ed il nostro brano di punta si chiama Desorden. Ho scritto tutti i testi: parlo di esperienze personali, amore e problemi sociali. Il rock and roll è contro il potere. E il nostro gruppo è molto rock, veniteci a sentire. Cantiamo in spagnolo ma prima o poi scriverò pure in italiano».
Come le è saltato in mente di lasciare il ricco e dorato mondo del calcio?
«Non ero più felice. Io sono uno che vive di sentimenti e impulsività, e nel calcio di oggi non c'è nessuna della due. Mi sentivo un numero, uno che doveva segnare perché se no veniva insultato. Ora sto da Dio anche se mi dicono che sono matto».
Qual è stato l'episodio, la causa scatenante?
«Al Boca mi hanno mandato via per una sigaretta quando sapevano che fumavano tutti. Quella è stata la goccia, ma in realtà nel calcio devi vivere una vita che non è reale. Hai un prezzo, un valore e vivi di regole. Il calcio oggi è una merda, un freddo business e una dittatura del risultato. Nessuno pensa a come stai. Non potere uscire dopo una sconfitta, suonare la chitarra o bere una birra per me era assurdo. Per non tradire il calcio ho preferito lasciarlo».
Ma c'è stato qualcosa di bello?
«Sono orgoglioso della carriera che ho fatto, ho giocato in grandi squadre. E poi ci sono anche uomini veri. Penso a Tevez, De Rossi e Heinze con le quali ho stretto molto. Poi ci sono i campioni in campo e fuori come Pirlo, Buffon e Totti. Ecco l'addio di Francesco è quello che di bello dovremmo prendere dal calcio».
Chi l'ha delusa invece?
«Penso a Prandelli che mi ha escluso dal mondiale solo perché glielo dicevano i giornalisti, convocò Cassano quando invece lo meritavo io. Andreazzoli? Nemmeno ricordo chi sia. Chi allena oggi?».
La più bella canzone suonata sul campo?
«L'esordio alla Bombonera con doppietta resta il più bel giorno della mia vita. Il Boca è la mia seconda pelle».
Poi la Roma.
«Potevo gestire meglio alcuni comportamenti, ma è una piazza malata. Avevo segnato tantissimo ma mi insultavano».
Juve e Inter?
«Alla Juve ho avuto l'onore di essere allenato da Conte. Un grande, come Pochettino che però pensa troppo al calcio. A Milano ho litigato con Mancini, ma i media ingigantirono la cosa».
A chi dedicherebbe una canzone?
«A Zeman, per me è stato un secondo padre».