La penna degli Altri 23/12/2018 18:45

Milan, l’ex ad a caccia della talpa: “Fece pedinare quattro giornalisti”

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LA REPUBBLICA (L. DE VITO / A. GALLIONE) - Giornalisti fatti pedinare per giorni, con lo scopo di capire quali fosserole loro fonti all'interno della società del Milan. Un incarico che
sarebbe stato commissionato direttamente dall'ex amministratore delegato dei rossoneri Marco Fassone ai tempi della proprietà cinese a un’agenzia investigativa privata,
la Carpinvest srl, con l’obiettivodi arginare una presunta fuga di notizie, ovvero capire come i cronisti della carta stampata fossero in grado di fare i loro scoop. In particolare quattro giornalisti: Enrico Currò e Luca Pagni di Repubblica, Carlo Festa de Il Sole 24 Ore e Tobia De Stefano di Libero. A rivelarlo è una lettera con cui la società investigativa a luglio di quest’anno ha informato i nuovi vertici societari, nominati dal fondo americano Elliott, dell’attività da loro svolta nei mesi precedenti, su esplicita richiesta di Fassone:
una lettera inviata dopo che il Milan aveva chiesto conto di un sollecito di pagamento inviato dalla Carpinvest.
IL CONTESTO -  Tutto comincia a gennaio. Le notizie uscite sui giornali fanno infuriare i vertici e circola la convinzione che ci sia una talpa nel club. Sulla carta stampata escono infatti dettagli economici e piani industriali della società: sono i giorni in cui i guai finanziari del Milan cominciano ad affiorare. Si inseguono indiscrezioni sulla possibile ricerca di un nuovo socio, si parla di fondi di investimento arabi interessati. Si inizia a mettere in dubbio che Yonghong Li abbia le risorse per far fronti agli impegni presi:
sia per finanziare il Milan (che ha 8-10 milioni di perdite al mese), sia per restituire al fondo Elliott quasi 380 milioni avuto in prestito per comprare il Milan dal gruppo Fininvest, prima della fine del 2018. A fine gennaio esce l’indiscrezione secondo cui l’uomo d’affari cinese avrebbe bussato alla porta della banca d’affari americana Merrill Lynch per trovare un fondo che gli prestasse dei soldi o anche un nuovo socio per il club rossonero. I giornali ne scrivono e la cosa non passa inosservata. Il mandato agli investigatori viene dato durante una riunione in sede, in cui sarebbe stato chiesto di fare “monitoraggio dinamico” (cioè pedinare) i quattro cronisti dal 19 febbraio al 2 marzo. Controllati anche i dipendenti Al centro delle attività investigative finiscono anche alcuni dirigenti del Milan, sospettati di aver parlato con i giornalisti. In particolare vengono fatte indagini di digital forensics, ovvero controlli su notebook, tablet e smartphone del personale dirigente della società (con
la loro autorizzazione) per capire se le notizie fossero uscite da lì. Viene anche inviata una richiesta alla Telecom per verificare i tabulati di quattro utenze telefoniche aziendali a disposizione di altrettanti dirigenti: si tratta di Agata Frigerio, Giuseppe Mangiarano, Giovanna Zian e Angela Zucca. Il timore che alcune conversazioni possano essere spiate porta gli ex vertici dell’azienda a chiedere anche una bonifica ambientale negli uffici di Casa Milan. Tutte queste attività di controllo, si legge nella lettera, avrebbero avuto esito negativo.

LA BATTAGLIA LEGALE Questi elementi sono al centro del contenzioso legale in corso al tribunale del lavoro di Milano che ha visto Fassone, difeso dagli avvocati Francesco Rotondi e Luca Failla, intentare causa contro il Milan, difeso dall’avvocato Claudio Morpurgo, per chiedere il reintegro dopo il licenziamento avvenuto a metà agosto: per i difensori dell’ex ad si è trattato infatti di una ritorsione nei suoi confronti solo per far posto al nuovo management, guidato da Paolo Scaroni nominato dal fondo Elliott, proprietario del Milan. Al centro della battaglia legale anche altri temi: la redazione dei business plan da parte di Fassone e presunte pressioni esercitate nei confronti dei dirigenti sottoposti. Le parti stanno cercando un accordo e la prossima udienza è fissata per il 29 gennaio, davanti al giudice Luigi Pazienza.