La penna degli Altri 10/06/2018 14:11
Il calcio è solo di chi lo paga: la furia della Rai con la Lega
LA REPUBBLICA (A. DIPOLLINA) - E così, dalle trattative in corso sui diritti del calcio in tv, si intravede la fine di 90° Minuto e dei gol gratis, in chiaro – tutto ridotto a una lontana appendice la domenica sera dopo le 22: sul tema, Mario Orfeo, direttore generale della Rai, il giorno dopo parla di « assoluto disprezzo del servizio pubblico » . E aggiunge parole stizzite sulla «miopia dei presidenti di A nel non promuovere il prodotto calcio presso una larga fascia di pubblico appassionato » . L’appello è a rivedere queste posizioni, pronti, conclude Orfeo, «a sederci a un tavolo in qualunque momento per non togliere del tutto la visione del calcio a quelli che non pagano».
A quel punto, il dg passa al capitolo sassolini e fa rilevare « il fragoroso e sorprendente silenzio della politica sulla questione. E non solo della politica, ma anche di tutti gli addetti ai lavori » . Se proprio si volesse interpretare, magari il richiamo ha un velato sottotesto rivolto ai difensori del popolo, quello più indifeso, oggi al potere e battaglieri assai. Bisogna proprio partire, è il senso, decidendo che il grande calcio si paga oppure se ne fa a meno?
Non è, par di capire, la solita manfrina. Da anni, a ogni rinnovo di contratto del calcio in tv, è arrivato il giorno, quasi della marmotta, in cui si è proclamata l’imminente scomparsa di 90° Minuto. Ed era sempre una questione di soldi da far cacciare al servizio pubblico: alla fine il modo si è sempre trovato. Stavolta però c’è la novità. La Rai potrà anche essere stata troppo attendista (mentre si procurava per la prossima stagione una partita di Champions a settimana e vinceva l’asta sulla Coppa Italia contro Mediaset): ma il punto è che a spacchettamento avvenuto, il calcio in chiaro era sparito nell’offerta. Quel monopolio impazzito che gli esperti tacciano invece di modernità assoluta aveva alla fine partorito la montagna di solo calcio pay. Digitale, streaming, pacchetti e contropacchetti al solo scopo di sfornare esclusive per le televisioni – da pagare a caro prezzo – e di ramazzare moneta il più possibile dove si può. A questo giro, quelli dei monopoli non hanno fatto sedere la Rai nemmeno al tavolo togliendo del tutto il prodotto dall’offerta. Che pure era pagato. Autolesionisti quelli della Lega? Per niente, solo che l’alchimia di offerte e controfferte, la certezza ( ovvero speranza) di appaltare solo ad attori paganti- parecchio ha escluso al momento che quello che viene considerato un residuato – i servizi sulle partite trasmessi in chiaro – possa far parte ancora del gioco.
In Rai le reazioni vanno dal rabbioso al quasi rassegnato, con varie gradazioni. Ma se si parla con qualche vecchia gloria che le ha viste tutte, il dubbio è un altro: come detto, la Rai in stagione darà molte partite di pregio, la sua parte di Champions, la Coppa Italia ( ovvero, nel finale di stagione sono grandi ascolti su grandi ascolti). E allora balena il sospetto che tra boss del calcio e operatori delle pay- tv si sia stretta una tenaglia punitiva sulla Rai, per non dare l’impressione futura che il calcio in chiaro possa valere ancora, soprattutto nel gradimento del pubblico. Illazioni? Vittimismo? Chissà. Ma a questo punto le proteste dei nostalgici di Paolo Valenti, i difensori dei riflessi filmati e perfino (che tenerezza) quelli che rivorrebbero tutte le partite la domenica alle 15, rischiano di perdersi nella tempesta dove si fanno invece i giochi violenti per adulti: con obiettivo il miliardo e cento milioni di euro a stagione per i signorotti del pallone. E ammesso che si arrivi davvero a un accordo soddisfacente per tutti – già il ritardo è da pazzi, e ancora peggio la buffa ipotesi dei due abbonamenti – con il rischio che quello che cascherà giù dal tavolo per il normale e povero tifoso passerà come una sorta di beneficenza fatta di briciole.