La penna degli Altri 18/06/2018 15:43
Così i magistrati hanno bloccato la vendita del progetto stadio
LA STAMPA (G. PAOLUCCI) - "Chiudiamo questa operazione e ripartiamo alla grande", dice Luca Parnasi. L’operazione è la cessione del progetto dello Stadio della Roma a un fondo immobiliare, un’operazione alla quale lo stesso Parnasi ha lavorato nei mesi precedenti all’arresto e che proprio l’intervento della procura di Roma ha di fatto stoppato. Nelle carte della procura, Parnasi e i suoi ne parlano come del Fondo Stadio. Si tratta in realtà di due operazioni distinte. Da un lato l’impianto vero e proprio, dove la maggioranza è della Roma e Parnasi ha solo delle piccole quote di minoranza. E il Business Park, la parte commerciale destinata a uffici dove Parnasi ha la quasi totalità delle quote. Accanto a James Pallotta c’è Goldman Sachs, mentre con Parnasi ha lavorato al progetto Rothschild.
Il partner avrebbe dovuto essere Dea Capital, società del gruppo De Agostini che gestisce anche fondi immobiliari. E tra i finanziatori, Parnasi fa i nomi di Cassa Forense, Enpam, Enasarco. Tutti contatti preliminari, precisano le fonti interpellate. Ancora nessun impegno formale è stato preso. Sta di fatto che il primo passaggio, la costituzione del fondo immobiliare, sarebbe stata ormai a un passo quando sono intervenuti i magistrati. Con questa operazione, Parnasi avrebbe ottenuto due obiettivi, spiega una fonte che ha lavorato all’affare. Da un lato «spersonalizzare» il progetto dello Stadio allontanandolo dal nome Parnasi e dalle recenti tribolate vicende imprenditoriali della famiglia. Dall’altro guadagnare una forte plusvalenza, con l’incasso stimato in oltre 200 milioni a fronte dei 42 spesi per i terreni (non ancora peraltro pagati completamente) e di una somma non troppo dissimile spesa negli ultimi cinque anni da Parnasi per arrivare al progetto esecutivo. Secondo le stime, Parnasi avrebbe avuto una plusvalenza di almeno 120 milioni, al netto del reinvestimento per alcune quote del Fondo.
Un passaggio fondamentale per Parnasi, dal quale passava il suo riscatto finanziario e imprenditoriale. Si capisce incrociando le carte della procura con i racconti di chi ha lavorato al progetto. Nel gennaio scorso, parlando (intercettato) con il faccendiere Luigi
Bisignani, pensa di finanziare la campagna elettorale di Luciano Nunzio, presidente di Cassa Forense e candidato non eletto al Senato per Forza Italia, in cambio dell’impegno della cassa di previdenza degli avvocati per entrare nel- l’affare con 50 milioni di euro. In quei giorni Parnasi è convinto di chiudere a breve, entro il mese, con Dea Capital per far partire il fondo. Non andrà così. Tra l’altro, c’è anche da sistemare un’altra partita tra Parnasi e la società del gruppo De Agostini: Ecovillage. Si tratta di uno sviluppo immobiliare a Marino, provincia di Roma, partito nel 2013 e ancora incompleto. Parnasi racconta che Dea vuole chiudere Ecovillage prima di impegnarsi nello Stadio e cerca acquirenti per le quote anche di quel fondo. Altre fonti spiegano che le due partite sono distinte. Sta di fatto che Parnasi cerca di sistemare anche la vicenda Ecovillage e proprio per questo affare offre a Luca Lanzalone una consulenza da parte di Dea Capital. Dalle carte della procura si capisce che è praticamente cosa fatta. Lo studio dell’avvocato genovese avrebbe dovuto occuparsi per conto di Dea dello sviluppo immobiliare di Marino. Dalla Sgr fanno sapere però che non c’è nessun incarico formalizzato tra lo studio Lanzalone e Dea Capital Real Estate. Dea Capital rimarca inoltre «la totale estraneità alle indagini e offre disponibilità a fornire all’autorità giudiziaria tutta la documentazione necessaria per chiarire, qualora necessario, ogni aspetto della vicenda».