La penna degli Altri 14/06/2018 16:42
Arresti, nuovo stadio in bilico: summit al Comune per piano B
LA REPUBBLICA (L. D'ALBERGO - M. FAVALE) - Il progetto del nuovo stadio della Roma è ufficialmente «congelato». Così ha deciso il Campidoglio. D’altronde per metabolizzare un colpo come quello di ieri ci vorrà del tempo. Nel giro di 24 ore, le prospettive sull’impianto di Tor di Valle si sono infatti rovesciate: se martedì la sindaca Virginia Raggi prometteva un’accelerazione sull’iter, ieri la procedura si è arenata.
Effetti dell’inchiesta per corruzione — un giro di consulenze facili per decine di migliaia di euro e assunzioni per parenti in difficoltà — che ieri ha portato all’arresto del costruttore Luca Parnasi, proponente dell’intervento alla periferia Sud della capitale. Ma non solo: tra i 16 indagati c’è anche Luca Lanzalone, presidente di Acea con simpatie grilline, finito ai domiciliari. Lo stesso trattamento è stato riservato al vice presidente del consiglio regionale, Adriano Palozzi di Forza Italia, e all’ex assessore all’Urbanistica della Pisana e ora consigliere pd, Michele Civita. Indagato pure Paolo Ferrara, capogruppo M5S al Campidoglio: avrebbe ottenuto da Parnasi un progetto per il restyling del lungomare di Ostia.
Gli scambi messi nel mirino dalla procura sono nati tutti attorno allo stadio. A un impianto fantasma: non è stata neanche posata la prima pietra che già rischia di sparire nel nulla. Un’ipotesi che il Comune vuole eliminare a tutti i costi. Il progetto, fonte di consenso a tinte giallorosse, non può saltare così. Non dopo tutto il tran tran allestito per far sparire le torri di Libeskind e aggiustare il masterplan secondo i dettami grillini. La prima cittadina sa di non poter perdere anche questa partita e così ieri ha incontrato l’avvocatura capitolina. Vuole capire come portare avanti il dossier con un proponente in meno, Luca Parnasi. E come comportarsi con il commissario che sarà designato dal tribunale in veste di legale rappresentante di Eurnova, la società proprietaria dei terreni di Tor di Valle.
L’intenzione di palazzo Senatorio, quindi, è quella di andare avanti. Proprio come vogliono la Roma e James Pallotta, sempre più nervoso. Ieri era nella capitale, in vacanza con moglie e amici. Oggi sarà sul lago di Como. Ma i pensieri sono assorbiti dalla questione Tor di Valle. Ha già speso 63 milioni solo per la progettazione dell’opera, altri 300 gli è costata la Roma fino ad oggi. Soldi che senza la possibilità di costruire uno stadio forse non avrebbe investito. Due elementi, però, rassicurano il patron giallorosso: la procura non ha chiesto il sequestro dei terreni. E le amministrazioni che hanno firmato le delibere di approvazione non sono sotto indagine. Trigoria, poi, si ritiene parte lesa. Il fatto dg Mauro Baldissoni non sia nemmeno tra gli indagati nonostante i rapporti necessariamente costanti, quasi quotidiani, con chi è finito in manette, è indicativo.
Adesso, allora, non resta che attendere. Le prossime ore saranno determinanti: i vertici della Roma, ieri in Lega Calcio a Milano, hanno tenuto contatti informali con Comune e Regione. Le parti si riaggiorneranno a breve. A brevissimo, perché Pallotta è sempre meno incline ad attendere: se i tempi si dovessero allungare, potrebbero essere ridotte le iniezioni di liquidità da cui la Roma dipende. E la società — che proprio ieri è uscita dal controllo Uefa per i buoni risultati finanziari raggiunti — sarebbe costretta a ridurre i costi di gestione. Il giocattolo ora è valutato circa 500 milioni di euro. Senza un impianto di proprietà rischia solo di svalutarsi. Traduzione: addio ai campioni, quelli con gli ingaggi più pesanti. Uno scenario che nessuno a Trigoria — ma neppure in Campidoglio — oggi vuole prendere in considerazione.