La penna degli Altri 21/03/2018 14:00
Il calcio è del popolo. Oppure non è
(...) Se stare contro il prezzo di un biglietto a 89 euro per un posto al centesimo anello con una rete davanti agli occhi significa essere retorici, allora vogliamo essere maestri della retorica, ambire alla cattedra del populismo. Però qui mi sa che la retorica peggiore è proprio quella dell'anti-retorica, dello spritzsimo intellettuale a tutti i costi alla ricerca di angoli visuali iper originali possibilmente graffianti e acidi, buoni soltanto per rompere le palle dissacrando verità invece certificate, urgenti e incontrovertibili. (...) Il manifesto programmatico da queste parti è chiaro: il calcio è e deve restare uno sport popolare. Antico com'è antico il mondo, (...). Antico come è antico il mondo, è il cuore. (...) Il pallone ha le sue regole, la sua tradizione, e una più grande, che le racchiude tutte: il calcio è del popolo. E se è vero che nella vita civile ai tempi dei social la nozione, il concetto eccetera eccetera di popolo è meno attuale di un Tirannosauro, nel calcio il popolo c'è e non può non esserci. O il Calcio è del popolo o non sarà. E a noi piacciono i sentimenti, anche quelli che stanno dentro un che sarà sarà. Il calcio coi posti solo a sedere, il calcio degli applausi a comando, il calcio del telecomando, del Ministero della Giusta Maniera che regola se, come e quando puoi andare a vedere una partita di pallone, e che ti chiede l'autorizzazione per dire ti amo o anche un santo sanissimo vaffa, chiedendo tramite un fax l'autorizzazione per provare un'emozione, è un prodotto scaduto e scamuffo buono ancora per qualche anno di pagliacciate televisive e di visite turistiche inserite in pacchetti da sceicchi, ma poi a nulla più. Poi non ci faranno niente altro col calcio se continuano a bucargli il pallone. Il calcio e la Roma non ce la toccate. (...)
(Il Romanista - T. Cagnucci)