La penna degli Altri 22/03/2018 15:02
I 107 trasferimenti fra club di famiglia nel triangolo Pozzo
LA REPUBBLICA (P. BRUNO) - Adalberto Penarañda è un diciottenne che in un solo anno è sbarcato al Granada, per poi firmare con il Watford e finendo a giocare nell’Udinese: senza mai cambiare datore di lavoro. Ed è solo uno degli 86 calciatori transitati da una squadra all’altra dell’universo della famiglia Pozzo. In 9 le hanno addirittura girate tutte e tre. Centosette operazioni di mercato dal 2009 a oggi, un giro d’affari di una cinquantina di milioni di euro. Anche se i soldi vanno più o meno tutti in un’unica direzione. Lo conferma lo stesso Penarañda: quando nel 2015 il Granada lo prese, sborsò meno di due milioni pagando 770mila dollari per la prima metà e 1,250 milioni per la seconda. Dopo sei mesi appena, sull’onda emotiva di una doppietta da record di precocità, finiva però al Watford. Che per averlo spendeva quasi cinque volte la cifra investita dagli spagnoli per riscattarlo. Penarañda non è stato l’unico, e il percorso è più o meno sempre quello: dei circa 50 milioni di operazioni tra le tre squadre della famiglia, 40 li hanno versati gli inglesi. Le cose però non sono sempre andate così: quando i Pozzo rilevarono il Watford nella serie B inglese, il club serviva soprattutto a ricevere esuberi: senza spendere un euro incamerava il 34enne Cassetti o ragazzi come Forestieri, Battocchio, Fabbrini, Angella. Col tempo però le cose sono cambiate. Prima con Ighalo, che il Watford ha acquistato dall’Udinese per 8 milioni. Con lui arrivò la promozione e il via libera alle spese. Grazie ai generosissimi contributi dei diritti tv della Premier League - 74,5 milioni il primo anno, 102,7 il secondo, ossia il triplo di quanto incassa dalle televisioni l’Udinese - gli affari con le consorelle diventarono più consistenti. Nel bilancio 2016, chiuso in rosso per 27 milioni, l’Udinese vantava crediti nei confronti del Watford per 18 milioni dovuti alle cessioni di Vydra e Nyom. Nell’ultimo, in attivo di 1 milioncino, compaiono invece alla voce “ attivo” gli 11,2 milioni che la società dell’Hertfordshire ha versato per la cessione in Cina di Ighalo, di cui ai friulani spettava da contratto il 50%. Nel 2016, il Watford ha invece acquistato dal Granada il centrocampista nigeriano Isaac Success pagandolo una cifra tra i 10 e i 12 milioni di euro: la sua carriera sfortunatamente s’è immalinconita sulla panchina del Malaga dove incontra spesso il collega di avventure Penarañda, quando questi non è a curare un lungo infortunio.
Insomma, dalla ricca Inghilterra il sostegno alle consorelle italiana e spagnola non manca. Anche il Granada ha speso molto, a dire il vero: quasi 17 milioni per acquistare calciatori spesso poi finiti a giocare a Udine. La differenza è che quei calciatori l’Udinese li ha riscattati sempre alla stessa cifra spesa dagli spagnoli, che di fatto non facevano altro che anticipare l’acquisto, tesserando e congelando un calciatore extracomunitario che in quel momento per le norme italiane non sarebbe potuto arrivare in Serie A. Anche il Watford ha acquistato giocatori da prestare alle altre due. Kums costò 9 milioni, fu girato a Udine ma dopo una annata disgraziata tornò alla casa madre, per essere venduto a una cifra inferiore di 2,5 milioni a quella spesa. Meglio andò a Doucouré, preso per 8,4 milioni e dopo 6 mesi al Granada diventato un punto di forza del Watford. Gino Pozzo questo modus operandi lo racconta così: «Il progetto nasce quando a Udine eravamo arrivati vicini ad avere 200 tesserati. La volontà finale è sempre potenziare il progetto tecnico, delle tre squadre che infatti hanno raggiunto risultati evidenti valorizzando un importante parco calciatori. Essendo sensibili al tema delle operazioni tra parti correlate, in caso di trasferimento economico abbiamo sempre chiesto una perizia certificata, alle leghe o a professionisti». Tra i 107 calciatori finiti nel flipper, 8 erano ragazzi delle giovanili. Tra questi, pure l’ex interista Murillo, sbarcato appena diciottenne in Italia: «Mi prese l’Udinese senza che nemmeno lo sapessi, ma era un sogno. Superate le visite mediche però mi mandarono al Granada». Non era il primo, non sarebbe stato l’ultimo.