La penna degli Altri 25/03/2018 16:32
Dieci anni fa l'ultima sfida Made in Italy. Serie A, passa (sempre) lo straniero
LA STAMPA (R. CONDIO) - Venerdì compirà dieci anni. Cifra tonda, già significativa, ma non ancora corposissima. Può esserlo invece per il calcio moderno, che viaggia ultrarapido e continua a lasciarsi alla spalle cose di un passato che non tornerà. Come i numeri di maglia dall'1 all'11, le partite di campionato in contemporanea, la schedina del Totocalcio. Reperti del tempo che fu, degni ormai di un Museo archeologico del pallone nostrano. Nelle cui sale adesso è ormai pronta per entrare l'ultima sfida di Serie A giocata tra due squadre con titolari tutti italiani. Era, appunto, il 30 marzo 2008: per il pallone che rotola frenetico, una vita fa o quasi.
FILOSOFIA CAMBIATA - In campo, al Castellani, l'Empoli penultimo contro la Sampdoria settima: 2-0 per i blucerchiati, padroni di casa che diventano fanalino di coda ed esonerano Alberto Malesani per chiamare Gigi Cagni, che non eviterà comunque la retrocessione. Convinti autarchici, per filosofia e calcolo economico, i club di Corsi e Garrone in quella stagione si schierarono al via rispettivamente 27 e 14 volte con una formazione 100% «Made in Italy». Accanto a loro, intanto, l'Inter campione d'Italia continuava sulla strada esterofila che sarebbe presto stata percorsa da molti altri: 11 partite giocate da titolari stranieri, dopo le 17 del 2007/2008 e la storica «prima volta» del 18 gennaio 2006, in casa del Treviso. Mentre Roberto Mancini vince con Zanetti, Julio Cesar, Maicon, Cambiasse, Stankovic, Ibrahimovic e compagnia forestiera, Empoli e Samp tengono duro. In quell'ultima trincea tricolore di dieci anni fa, peraltro, c'era gente che c'è ancora. Ignazio Abate, in comproprietà dal Milan, Claudio Marchisio e Sebastian Giovinco, in prestito dalla Juve, erano i baby dei toscani. E sulla panchina di una Samp costruita da Beppe Marotta lavorava Walter Mazzarri, oggi rivali a Torino.
LE GRANDI ESTEROFILE - Marotta si sarebbe confermato fiero italianista anche alla Juve. Arrivato nell'estate 2010, le ha ridato un'identità nazionale, al punto da portada a giocare il 18 febbraio 2012 con una formazione senza stranieri. Proprio come la sua Samp di quattro anni prima. Poi, anche lui, con il budget in costante lievitazione e la Champions da inseguire, si è arreso. E in questo campionato i bianconeri sono arrivati a schierare un solo italiano. Tra le prime della classe, è la normalità. Nell'ultimo turno, ad esempio, Napoli, Roma e Lazio sono partite con nove stranieri, l'Inter con otto. Fino al 2013-2014, proprio i nerazzurri erano stati gli unici a spingersi (ben 62 volte!) a proporre un «undici» senza azzurrabili. Poi, lo hanno fatto anche Fiorentina, Napoli, Udinese e Roma. E' dunque sembrato normale che la Serie A ospitasse un incrocio tra due squadre interamente straniere: Inter-Udinese del 23 aprile 2016 ha segnato il punto di non ritorno e pensionato l'idea romantica di quell'Empoli-Samp del 2008. Negli ultimi sei campionati, soltanto il Sassuolo è sceso in campo (in 23 occasioni) senza calciatori con targa estera. A poco o nulla sono serviti i vincoli posti alle rose. La percentuale degli stranieri impiegati aumenta ormai da dieci anni di fila, passando dal 29,4 al 57,4 della scorsa stagione: quasi il doppio. II 56,2% attuale (284 su 505) è il primo segnale in controtendenza. Troppo poco per chi, senza pensare a improponibili misure restrittive, si augurerebbe almeno un più equo bilanciamento, anche per riconsegnare al nostro campionato una patente di italianità, oggi garantita solo dal quasi en plein di allenatori. Indietro, però, non si torna. I nostalgici del tempo possono soltanto spegnere le dieci candeline della partita che, con ogni probabilità, non rivedranno mai più.