La penna degli Altri 23/02/2018 15:45
Dentro i black-out: perché si spegne la luce
Se tre indizi fanno una prova, otto portano a sentenza: la Roma è una squadra alla quale ad un certo punto si spegne la luce, va in cortocircuito, smette di funzionare. Con la partita di Charkiv di mercoledì sono otto le volte in cui è accaduto: Atalanta-Roma 0-1 (0-1), Roma-Inter 1-3 (1-0), Roma-Atletico Madrid 0-0 (0-0), Qarabag-Roma 1-2 (1-2), Atletico Madrid-Roma 2-0 (0-0), Inter-Roma 1-1 (0-1), Verona-Roma 0-1 (0-1), Shakhtar-Roma 2-1 (0-1). Di queste otto, in sei casi la Roma si è trovata in vantaggio alla fine del primo tempo (...). Altre due volte in qualche modo la squadra giallorossa poteva sentirsi appagata per il pareggio conseguito a metà gara, quindi lo schema mentale regge ugualmente (...). Si può dunque sostenere che quando la Roma è chiamata a giocare partite importanti (guardatele: lo erano tutte, ognuna nel suo contesto, compreso quella di Verona quando c'era l'obbligo di vincere alla fine del periodo nerissimo) le affronta col piglio giusto ma poi stacca la spina (...).
Che cos'è, quindi, che fa spegnere la luce? (...) Contrariamente a quasi tutte le formazioni della serie A (poche le eccezioni simili alla nostra: il Napoli, la Sampdoria, ora il Benevento), la Roma fonda la sua stessa ragion d'essere in un tipo di calcio che va interpretato solo al 100% della convinzione. Lo potremo chiamare T-Factor, fattore tattico. E nelle giornate in cui per svariate ragioni la squadra non riesce a dare il massimo, o lo fa solo parzialmente, il rendimento scende vorticosamente. Se ne desume che quando la squadra gioca partite importanti e nel primo tempo tutto le riesce bene, a poco a poco si insinua in molti degli elementi del gruppo la velenosa sensazione che il più è stato fatto e che d'ora in poi si può limitare l'impegno. Ma questa è una caratteristica che possono permettersi di vantare solo le grandi squadre riconosciute (...).
O si diventa vincenti o si affonda. Per farlo bisogna incidere ancora di più nelle teste dei calciatori e questo diventa quindi l'impegno che deve prendersi Di Francesco. Chi ama questo tipo di calcio non ha alternative: deve farsi seguire senza tentennamenti. «All'intervallo ho chiesto ai giocatori di continuare a giocare con lo stesso coraggio. Ma non l'hanno fatto». Logico, alla luce del ragionamento precedente. (...)
Finalino per il sistema di gioco. In fase di non possesso se non si scala con tempismo, col 4231 si rischia sempre di andare in inferiorità numerica sulle fasce. Per questo Di Francesco ha confessato a Charkiv che potrebbe anche tornare al 433 nella gara di ritorno. Si vedrà. Di sicuro la soluzione dei problemi della Roma non è nel modulo.
(Il romanista - D. Lo Monaco)
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