La penna degli Altri 31/12/2017 14:36
Come dissolversi in dieci giorni, Di Francesco: «Serve uno psicologo bravo»
IL TEMPO (E. MENGHI) - La Roma ripiomba nella cruda realtà e rivive lo stesso film che recita ormai a memoria, protagonisti i rimpianti e le delusioni. In 11 giorni da incubo si è complicata la vita ed è tornata ad essere la regina delle occasioni perse. Cinque i punti lasciati per strada in due giornate di campionato e 90 minuti in Coppa Italia chiusi nel cassetto degli errori. La stessa squadra che all’inizio di dicembre festeggiava la qualificazione agli ottavi di Champions League ha chiuso il 2017 nel peggiore di modi, con un pareggio beffa contro il Sassuolo, uno sgarbo in «famiglia» per Di Francesco, che vede allontanarsi la vetta in maniera preoccupante: dal -4 dopo il successo di misura sul Cagliari al -9 registrato ieri, con quel recupero con la Sampdoria che se prima sembrava la chance per mettere il fiato sul collo alle avversarie scudetto ora è l’unico appiglio per non mollare del tutto il primo obiettivo del club. Dissolversi in breve tempo è un problema che conoscono bene a Trigoria: lo scorso anno con Spalletti è successo a marzo, quando è arrivato il ko in Coppa Italia con la Lazio e poi in sequenza la sconfitta in campionato con il Napoli e in Europa League con il Lione, tutto nel giro di 9 giorni. Con Garcia non era andata meglio, il suo primo anno era iniziato con la striscia da record di 10 vittorie, poi alla Roma è venuta la «pareggite» e ha perso terreno, nella seconda stagione del francese il vizio del pari si è ripetuto a gennaio, a partire dal 2-2 del derby fino all’Empoli, e subito dopo è arrivata un’altra batosta, il 2-0 della Fiorentina ai quarti di Coppa Italia. Quell’anno, il 2015, servì un gol di Yanga-Mbiwa nella stracittadina di ritorno per assicurare ai giallorossi il secondo posto, dopo aver trascorso quattro giornate al terzo in seguito al pari col Torino. Il film di Eusebio è molto simile a quello dei suoi predecessori: «Uscire dalla Coppa Italia ci ha tolto qualcosa dal punto di vista mentale. Facciamo mea culpa, col Sassuolo siamo stati sottotono e poco determinati: non possiamo permettercelo – ammonisce il tecnico – se vogliamo essere grandi. Manca continuità nelle prestazioni e convinzione in quello che facciamo. Ci vuole uno psicologo forte forte “a ‘sto giro“. Dobbiamo fare della valutazioni. Prima facevamo gol con facilità, adesso facciamo fatica ed è inspiegabile». La conta dei gol dà la misura del periodo no dei giallorossi, che prima della sosta viaggiavano a una media di 1.9 reti a match, dalla Lazio in poi si fermano a 1 (coppe comprese). Un dato praticamente dimezzato che racconta l’astinenza del bomber che ieri aveva l’intenzione giusta, ha fatto un assist e pure un bel gol cancellato dalla Var: «Dzeko si deve sbloccare. Quando vincevamo e passavamo la Champions digeriva il modulo, non è che adesso non lo fa più». Schick invece «non ha fatto una buona gara, non si sentiva bene. L’esame della convivenza con Edin stavolta non è stato superato». Nemmeno quello della maturità: le ambizioni si scontrano con la realtà e i rimpianti prendono il posto dei sogni.