La penna degli Altri 03/05/2017 15:11
Il punito è Muntari: l’ingiustizia perfetta del calcio all’italiana
LA REPUBBLICA (M. PINCI) - Nella domenica dei cori beceri contro quattro calciatori di colore, l’unico sanzionato finirà per essere Sulley Muntari. Il razzismo c’è ma non si sente e la curva del Cagliari si salva. Mentre Sulley, che aveva lasciato il campo furioso dopo aver provato in tutti i modi a convincere l’arbitro Minelli che quegli ululati all’85’ di Cagliari- Pescara meritavano l’interruzione della partita, sconterà una giornata di squalifica: espulso, applicando alla lettera la direttiva dell’Aia. Per l’Onu è un esempio di lotta al razzismo, per il giudice sportivo e gli ispettori della procura federale quasi un visionario: a mimare il verso della scimmia erano pochi, massimo dieci tifosi, dice il dispositivo firmato dal giudice Mastrandrea. E poi gli ufficiali di gara non li hanno sentiti. Gli ispettori della Procura federale invece sì, ma soltanto «in virtù della protesta silenziosa in atto tra i tifosi». E quindi non basta, la curva non si chiude. Interpretazione inattaccabile delle norme federali che per sanzionare valutano la «dimensione e percezione reale del fenomeno»: postilla utile a diluire gli effetti di una norma che ai club non piaceva, visto che nell’autunno 2013 portò multe salate e chiusure a raffica delle curve di serie A.
La necessità di quella norma era invece parsa evidente a tutti qualche mese prima, nel giorno in cui Boateng si sfilò la maglia lasciando il campo di Busto Arsizio per dare un segnale fortissimo contro i cori razzisti dei tifosi della Pro Patria. Era un’amichevole, ma l’allora giudice Tosel non punì il giocatore e i compagni che lo emularono. Utilizzò parole come «civile convivenza» e «solidarietà verso un uomo vittima di beceri insulti per il colore della sua pelle», per spiegare la scelta di graziarlo. A distanza di 4 anni o poco più il successore Mastrandrea ha intrapreso una strada diversa: quella di attenersi alle gelide regole e registrare l’espulsione decisa dall’arbitro fermando per un turno il centrocampista. Inevitabile. Ma l’applicazione delle norme produce un mostro: Muntari squalificato, mentre i razzisti della curva del Sant’Elia - il settore più sanzionato in Italia quest’anno, con 56mila euro di ammende - non resteranno a casa nemmeno per una partita. Il Cagliari sta provando a identificarli per lasciarli fuori dallo stadio.
Eppure il gesto del centrocampista del Pescara ha fatto rumore se Zeid Ra’ad al-Hussein, alto commissario Onu per i diritti umani, ha sentito il bisogno di sostenerlo, ricordando che «il problema del razzismo richiede una maggiore attenzione da parte della Fifa». E forse anche della Figc, se nella stessa domenica si arriva al paradosso: nel derby di Roma, «dimensione e percettibilità» dei cori salvano la curva giallorossa per i “buu” a Keita e inchiodano quella della Lazio per gli ululati a Rüdiger («arrivati dall’80% dei 7.000 occupanti il settore»). Niente paura però, la squalifica è sospesa per la solita “condizionale” che stoppa la sanzione per 12 mesi, salvo recidiva (discorso analogo per la curva interista dopo gli ululati di domenica a Koulibaly).
Una scelta perfettamente in linea con i carpiati giuridici di dicembre, quando i tribunali federali derubricarono a semplice offesa la frase di Lulic: “Rüdiger vendeva calzini”. E condonarono alla curva juventina i cori contro Koulibaly perché durati solo 5 secondi. Da tempo pure la discriminazione territoriale, ad esempio i cori contro Napoli e i napoletani, è disinnescata: vale solo 10mila euro di multa, quanto spende la Juve per un giorno di stipendio della riserva Benatia. Il sospetto è fondatissimo: la Federcalcio di Tavecchio ha scelto di arrendersi.