La penna degli Altri 02/03/2017 14:05
L’arte del contropiede e l’ipoteca sulla finale. Lazio bella da derby
LA REPUBBLICA (F. BOCCA) - Il ribaltone è un copione classico del derby. Alla fine l’underdog, lo sfavorito, fa il colpo. Milinkovic e Immobile hanno spedito ko la Roma che proprio non se l’aspettava di prenderle dalla Lazio, sempre guardata spocchiosamente dall’alto in basso. Lazio che un derby non lo vinceva dalla finale di Coppa Italia 2013: 1.375 giorni dopo. È finita — dopo l’era geologica dei 6’ di recupero disposti dall’arbitro Irrati — con Inzaghi e i giocatori che si abbracciavano, e tutta la playlist degli inni biancocelesti. Da “I giardini di marzo” di Battisti a “Vola Lazio Vola”.
Notte laziale, partita non straordinaria, ma meravigliosa per chi l’ha vinta. Impressionante in negativo lo stadio semivuoto — la Tevere macchiata solo da uno spruzzo di aficionados — per un derby così importante. I laziali hanno colmato la loro curva, ma i romanisti sono rimasti in parte fuori, anche per protesta contro le barriere solo in parte rimosse. Resta il paradosso di due club che fanno progetti per uno stadio ciascuno, ma che non ne riempiono uno quando giocano contro.
Un derby dimezzato — il primo in notturna dal 2013 — per il quale bisogna sempre schierare però un esercito di 1.000 agenti e 800 steward. Un derby senza coreografie, striscioni, bandiere, fumogeni. Quasi una partita giocata in Svizzera.
La Lazio partiva da vittima predestinata, Inzaghi aveva furbamente consegnato alla banda- Spalletti il ruolo di favoriti, una squadra insomma apparentemente non in grado di tenere testa alla strapotenza della Roma. Tanto che Inzaghi aveva rivoluzionato la formazione per darle più energia, costretto anche dalla squalifica di Radu, Patric e Lulic, mentre Spalletti si è limitato a un turn over minimo. Difesa e attacco immutati. Ma a parte venti minuti di bel palleggio di Strootman e compagnia e con un Nainggolan normalizzato, la Roma non ha certo aggredito la partita come a Milano contro l’Inter. Il momento della stagione che intreccia campionato, coppe europee e Coppa Italia, ti succhia energie e nessun giocatore va ad uranio.
Il gol di Milinkovic Savic — il sesto della stagione — giovane talento serbo, una di quelle tipiche e imprevedibili scoperte del metodo Lotito, in collaborazione con un Felipe Anderson che ha travolto la difesa di ferro della Roma, ha rimescolato pesantemente quel calderone di sensazioni che è il derby dell’Olimpico. E così mentre la Nord, fisicamente preponderante, rovesciava sui romanisti fischi, urla e anche buu nei confronti di Rüdiger in ricordo del velenoso derby di campionato, quello delle frasi allucinanti di Lulic, la Roma si ritrovava a risalire la china di una partita non prevista. Non solo, mentre i guerrieri Nainggolan, Dzeko e Salah apparivano irriconoscibili, forse perché ubriachi di coccole ed elogi, la Lazio si attrezzava a colpirla ulteriormente al busto e al mento. L’unica cosa buona per la Roma l’ammonizione di Parolo che salterà così il ritorno del 5 aprile.
L’inserimento di Keita da parte di Inzaghi ha mandato in confusione la difesa della Roma, Manolas, Fazio e Rudiger hanno fatto filtrare il pallone del senegalese che Immobile ha deviato dentro per il 2-0. Spalletti ha mandato dentro Totti negli ultimi 5’ di una partita finita. Poi magari ci spiegherà che o gli rifanno il contratto o va via anche lui.