La penna degli Altri 23/02/2017 13:32
I grillini dicono addio allo stadio
IL TEMPO (S. NOVELLI) - È un «sì» mascherato da «no» che arriva come uno schiaffo su tutta la città. «Lo stadio della Roma si farà ma non a Tor di Valle». È questo il verdetto finale dopo quasi tre ore di confronto in Campidoglio tra il leader «maximo» del MoVimento 5 Stelle, Beppe Grillo, e la maggioranza capitolina. Preso atto che praticamente tutti i consiglieri penta stellati sarebbero contrari alla realizzazione dello Stadio della Roma a Tor di Valle, la scelta era di fatto obbligata: revocare il progetto e salvare il MoVimento. Il resto è stucchevole melina. Difficile infatti credere che gli eletti pentastellati, sindaco Raggi in testa, non sappiano o sottovalutino la portata di una revoca di un progetto approvato dall’Assemblea capitolina appena un anno e mezzo fa. Ma si punta tutto sul vincolo monumentale della Soprintendenza di Stato. Con il parere contrario del Mibact si avrebbe un paletto insormontabile sulla realizzazione dello Stadio e soprattutto delle cubature annesse, tale dunque da far “sfilare” il Campidoglio già in Conferenza dei servizi, saltando addirittura il voto in Consiglio comunale. Su questo dovrà pronunciarsi l’Avvocatura capitolina con una richiesta formale inviata sembrerebbe già ieri dal sindaco Raggi. Questa dunque la strada auspicata dai 5 Stelle nel clamoroso passo indietro sull’unica opera in grado di far ripartire l’economia capitolina nel giro di qualche mese. La battaglia legale che si scatenerebbe poi è un rischio che Raggi&Co sono disposti a correre. L’importante è salvare il MoVimento, andare avanti compatti fino alla campagna elettorale per le politiche nazionali. Una scelta squisitamente politica che nulla ha a che fare con pseudo vincoli, pseudo rischi idrogeologici, pseudo colate di cemento. La verità è che la base dei grillini e dunque gli eletti portavoce non sono d’accordo. Hanno già dovuto ingoiare bocconi amarissimi su nomine, polizze, codici etici rivisti e corretti ad hoc, ma sulla città no.
Una «fase 2», riconosciuta anche da Grillo nel suo confronto con i consiglieri capitolini e i presidenti dei Municipi, assente sia la Raggi sia esponenti di giunta, «dobbiamo superare la fase 1, non siamo più all’opposizione». Basta critiche, basta veleni, «lavorare compatti, fidandosi gli uni degli altri», la ricetta di Grillo per ricompattare un MoVimento in crisi d’identità. E dunque bene sacrificare lo Stadio, con la strategia mediatica però di dire «sì» per dire «no». Un’area diversa da quella di Tor di Valle infatti oltre a non essere gradita alla As Roma, implicherebbe anni di progetti, pareri, sopralluoghi, dibattiti e via dicendo. Con i consiglieri M5S dello Stadio della Roma «non abbiamo parlato» ha detto Grillo ma «nessuno è contrario, se c’è una discussione è sulla collocazione, sulla zona. Lì c’è un rischio idrogeologico, dunque c’è una discussione su dove farlo ma poi decideranno giunta e sindaco. Nessuno dice di no. Noi diciamo di sì allo stadio, ma da qualche parte che non sia quella, perché c’è un rischio idrogeologico e se poi c’è un’esondazione?». Mentre gli avvocati, di tutte le parti interessate, affilano le armi, gli schieramenti politici sono già in campo, nell’attesa ovviamente della comunicazione ufficiale di Virginia Raggi. Chissà, forse arriverà venerdì, quando è fissato l’ incontro con l’As Roma rinviato ieri. In molti già pensano di rivivere la paradossale scena di Giovanni Malagò, presidente del Coni, in attesa nell’anticamera del sindaco per il confronto decisivo sulla candidatura di Roma alle Olimpiadi 2024, mentre i social ritraevano il primo cittadino a pranzo. Una «buca» storica quella data dalla Raggi al numero uno del mondo sportivo italiano, seguita qualche ora dopo con una conferenza stampa – la prima – in cui il sindaco annunciava il «no» alla candidatura di Roma. In quel caso però l’assurda contrarietà ai Giochi olimpici era scritta sul programma. La Raggi poi promise un referendum mai più pronunciato dopo l’elezione a sindaco. Proprio come lo Stadio. I 5 Stelle insomma seguono i propri “valori” a intermittenza, a partire da quella partecipazione popolare che si è ridotta a video girati in solitaria e pubblicati poi sui social.