La penna degli Altri 13/01/2017 17:35
Il calcio in vendita: così l'impero cinese colonizza l'Europa
LA STAMPA (G. ZONCA) - Oligarchi, sceicchi, tycoon, in attesa di cambiare definitivamente lingua, il calcio ha già adottato un altro vocabolario. Il rapporto Uefa che fotografa il pallone europeo mette per la prima volta a fuoco l'avanzata nei proprietari stranieri: 44 club delle 13 leghe più importanti sono passati di mano negli ultimi 15 anni e nel 2016 ci sono stati dieci passaggi di proprietà, otto acquistate dai cinesi.
Lo sapevamo, eppure vederlo sulla mappa fa comunque un effetto. La maggioranza domestica, calcolata in percentuale su 232, regge di poco. Al 40 per cento degli investitori locali si contrappone un 37 per cento di società ibride, associazioni controllate da diversi finanziatori, la formula più sfruttata dal calcio ultimamente. L'Inghilterra è ovviamente terra di conquista, hanno iniziato presto ad attirare capitali di altri mondi e ci hanno puntato per diventare i più ricchi. Oggi in Premier ci sono 15 stranieri al comando e solo 5 presidenti britannici: in un tempo davvero ristretto l'estero si è preso il 75 per cento della torta . E si parla ormai di seconda generazione. Ci sono già squadre al terzo presidente arrivato da fuori e soprattutto la seconda divisione è diventata appetibile: in Championship stiamo a 13 stranieri contro 11 autoctoni.
Serie A in transizione In Italia il capitale foresto è ancora considerato «una minoranza» e i numeri rispondono a questa parola, che suona innocua, senza tenere conto dello struggimento in atto. Dei milioni di dibattiti e sospiri che hanno accompagnato il passaggio dell'Inter da Mo-ratti a Thohir e dall'Indonesia a Suning. Senza ritorno. Delle palpitazioni per la Roma americana. Tutto sedato da un dato incontrovertibile: la Serie A, insieme con la Premier russa, è il mercato più casalingo in circolazione. II Milan risulta ancora sotto la tutela di Berlusconi: le cifre non possono catturare i mutamenti in corso, però stavolta non sono pura statistica. Raccontano una storia, piuttosto passionale, un romanzo intrappolato nei numeri dove il protagonista è il tifoso destabilizzato. Pronti a sposare il calcio marketing in fase di mercato, nostalgici quando si tratta di ascoltare gente che di partite ne ha viste poche e fatica a dare un nome al talento. Ubriachi di tifo vorremmo proprietari disposti a spese folli e innamorati del gioco invece che del prodotto e siamo ingolositi dallo sviluppo che ha vissuto l'Inghilterra. Hanno i calciatori più forti, il potere d'acquisto, gli impianti al completo e i diritti più costosi. Guardando loro è difficile considerare gli stranieri una iattura, anche perché più mercati coinvolti significa anche più partite in orari civili per star dietro al palinsesto asiatico. E qui in tanti si adatterebbero volentieri al prime time cinese anche se non proprio alla loro mentalità.
Miliardari in concorrenza L'Asia è l'investitore principale e lo è diventato nelle ultime due stagioni, dopo la prima ondata russa e la migrazione dei petroldollari. La smania dell'acquisto si è spostata in Oriente, con la Cina scatenata. Hanno investito in cinque diverse nazioni e profuso soldi anche in squadre che non hanno rilevato per intero. Siamo solo all'inizio: l'ultimo censimento dice che esistono 596 miliardari in Cina, tutti diventati tali negli ultimi 10 anni. Il primo è Wang Jialin, del gruppo Dalian Wanda, che tra le altre mille annessioni si è preso un significativo spicchio dell'Atletico Madrid. II secondo è Jack Ma, patron di Alibaba che risulta tra i foraggiatori del Manchester City e ha diverse mire. Gli altri si agitano per avere il loro pezzo di pallone. Se non cambiano interessi, tra qualche anno aggiornare il vocabolario non sarà abbastanza.