La penna degli Altri 02/12/2016 15:49

Il derby, la sconfitta della città ma adesso si deve dire basta

lazio roma scontri polizia derby (4)

Roma è una città che vive non sull’orlo ma in piena crisi di nervi in ogni derby previsto dal Campionato. Quello del 21 marzo 2004 è indimenticabile: la falsa notizia del bambino morto investito da un’auto della polizia fuori dallo Stadio Olimpico, l'invasione di campo e la sospensione dell'arbitro Rosetti portano a una vera battaglia: bar e bagni dell’Olimpico devastati, sedili divelti, casotti e garitte incendiati, scontri violentissimi, 153 poliziotti feriti su 500 in campo.

Tanti, troppi altri derby hanno trasformato Roma in un teatro di guerriglia. Il 25 maggio 2015 dopo la partita, due tifosi romanisti finiscono al Gemelli in codice rosso, sono stati accoltellati. La polizia carica gli ultras in più zone, soprattutto sul lungotevere e addirittura fino a corso Francia. Scontri e cariche della polizia anche per il Derby dell’8 aprile 2013, giocato in un qualsiasi lunedì di lavoro per centinaia di migliaia di romani: risse, ancora cariche, feriti, ambulanze. 29 aprile 2001, identica cronaca, motorini dati alle fiamme, un pino centenario incendiato. Nello stesso anno, il 27 ottobre, si ripete l’indecente rito: nuove cariche della polizia, lacrimogeni, l’asse del lungotevere inutilizzabile per il traffico normale.

A Roma sembra come se a ogni derby si dovesse obbligatoriamente celebrare un rito oscuro, ancestrale che blocca e terrorizza la città. I romani qualsiasi, di quelli indifferenti al calcio sono condannati a convivere, accanto ai tifosi più ragionevoli, con un clima prima da assedio e poi da guerra civile urbana. Gli archivi sono strapieni di appelli caduti nel vuoto, di stanchi riti formali celebrati davanti a svariati sindaci smentiti dagli scontri del dopo partita. Se non fosse completamente inutile, verrebbe da dire basta, basta, basta così. Ma è, appunto, incivilmente e cupamente inutile.

(corsera)