La penna degli Altri 15/12/2016 14:30
C’eravamo tanto odiati
IL TEMPO (G. GIUBILO) - Una storia infinita, quella delle sfide tra Juventus e Roma,ma ben più profonde sono le radici bianconere. Una potenza industriale guidata da un personaggio da leggenda come Gianni Agnelli, difronte a una società molto più giovane,quasi a livello artigianale rispetto ai rivali. Da una parte la superpotenza simboleggiata dalla Fiat, dall’altra il cammino dei giallorossi che si può riassumere in tanti lampi: episodi in positivo, pochi, ma quasi sempre in negativo. La parentesi più significativa si può far risalire alla metà degli anni Trenta, quella della prima cinquina di scudetti piemontesi. La Roma vinse 5-0 e quello straordinario punteggio ispirò addirittura un film all’attore e registra Angelo Musco. Quel «5-0» penso sia ormai introvabile in qualsiasi cineteca, ma la parte meno giovane del tifo romanista ne conserva tuttora il ricordo. Poi si sarebbe verificata tutta una serie di eventi di interpretazione dubbia, ma puntualmente risolti a favore di chi deteneva le leve del potere.
Da Roma, tra l’altro, sarebbe partita anche l’offensiva più feroce verso la società bianconera, quella ispirata da Zeman, che avrebbe provocato un autentico cataclisma, con i rivali storici costretti a ripartire addirittura dalla serie B, una volta che erano venute alla luce vicende troppo sospette per passare inosservate, perfino a una giustizia sportiva indotta fino a quel momento a chiudere gli occhi su troppi episodi poco chiari. Ma, anche sul campo, i momenti di polemica feroce avrebbero accentuato una rivalità che, nonostante i frequenti punti di contatto, mai avrebbe lasciato uno spiraglio aperto all’amore. Il suo reale nemico, la Vecchia Signora, lo avrebbe trovato in quel presidente giunto alla guida della Roma all’inizio degli anni ’80. Quel Dino Viola che aveva la pretesa,inaccettabile peri padroni del calcio italiano,di proporre una concorrenza a i vertici del calcio nazionale: un’intenzione che lo strapotere juventino riteneva sacrilega. È rimasto nella mente dei tifosi giallorossi quel gol annullato a Turone, su segnalazione di un assistente di linea. Con l’arbitro Bergamo inferocito, perché ingiustamente ritenuto il solo responsabile, lui che a un emblema del capitalismo non avrebbe mai regalato, per convinzioni politiche, un così grande favore. Un episodio sottovalutato dalle moviole dell’epoca che resta molto dubbio,anzi sembrava evidente la posizione regolare del difensore giallorosso impegnato in una riuscita azione offensiva. Si potrebbe ricordare anche quel pallone strappato dalle mani di Aldair,che stava battendo un fallo laterale, con conseguenze micidiali per la difesa romanista (gol di ravanelli a pallonetto mentre i giallorossi protestavano).
Per capire la diversa dimensione dell’influenza che le due società erano in grado di esercitare, basta ricordare il cammino di Luciano Moggi dalla sponda romanista a quella juventina, con enorme disparità di risultati, prima che gli scandali venissero alla luce. Gli umori si sono modificati negli ultimi anni, quando Roma e Juventus hanno trovato comuni punti di incontro per fronteggiare l’alleanza che vede impegnati Galliani, Lotito e,in parte, anche la Fiorentina dei Della Valle. Ma qui parliamo di strategie a livello societario, mentre sul campo non c’è stata inversione di tendenza, per quanto riguarda gli aspetti arbitrali. Difficile che il tifo romanista possa cancellare dalla memoria le iniquità di Rocchi,capace di indirizzare a senso unico una partita importantissima per il primato in campionato. La sua direzione in quella sfida di Torino, avrebbe dovuto scoraggiare i vertici arbitrali a mantenere nei ruoli un interprete così pericoloso.E’ auspicabile che sabato venga scacciata qualsiasi tentazione di disparità di giudizio.Troppo importante la posta in gioco per non imporre una direzione di gara che non lasci il minimo spazio a sgradevoli sospetti.