La penna degli Altri 14/09/2016 14:19
Rizzitelli: "Ora ridatemi il mio trofeo"
IL MESSAGGERO (A. CAMILLETTI) - Anno 1991, Roma-Inter 1-0 e Coppa Uefa sfumata. Che effetto le fa pensarci oggi che la Roma ha perso la Champions e affronta l'Europa League?
«Parlare adesso è difficile, dopo aver perso e dopo la rimonta dello scorso anno. Prima dell'arrivo di Spalletti la squadra era smarrita. Una cavalcata fantastica, un gioco spumeggiante, con prestazioni super. E poi invece per una partita essere cacciati fuori, è una mazzata difficile da digerire», dice Ruggiero Rizzitelli con la testa un po' all'oggi e molto, ancora, ad allora.
A questo punto?
«Tutto sommato queste sconfitte vengono proprio per maturare. Fa parte del gioco, ma fa male. L'Europa League negli ultimi anni è migliorata molto. Prima era snobbata da tutti e invece ora tutti ci tengono. La Roma non può permettersi di trascurarl: deve puntare assolutamente alla Coppa».
Il suo fu l'ultimo gol della Roma in una finale europea. Quante volte è tornato a quella partita?
«A gennaio, a vedermi piangere in una foto di allora, mi sono tornate le lacrime. Ricordo spesso quella partita, anche perché in molti me la fanno ricordare. Fa male, perché l'avevamo cercata, voluta e meritata. Era un'Europa diversa: dentro o fuori ad ogni partita. L'unica doppia fu proprio quella con l'Inter. All'andata (Inter-Roma 2-0,
ndr) venne concesso un rigore che per noi non c'era. Protestammo, ma dopo il primo gol arrivò anche il secondo. Fu dura rimontare, ma quella dell'Olimpico fu una grande prestazione. Se invece del palo avessi segnato, la partita sarebbe cambiata. Il mio gol arrivò alla fine e non ci fu tempo per recuperare».
La partita della Roma che vorrebbe commentare, quella da sogno giallorosso?
«Visto che si parla di finale, la finale dell'Europa League sarebbe il massimo, ma non con un pianto finale: almeno mi dà una mano a dimenticare».
Che compagno di squadra avrebbe voluto avere allora dei giocatori di oggi?
«Francesco Totti. Fece l'esordio nel mio ruolo da ragazzino, ma io lasciai subito dopo. Avrei avuto piacere di giocare con lui nei suoi anni migliori».
Quale allenatore avrebbe voluto avere e non ha avuto, guardando ancora all'oggi?
«Tutti gli allenatori hanno pro e contro. Non dico Carletto Ancelotti perché lo vedo simile a Giovanni Trapattoni, che ho avuto. Dico Guardiola: ha un tipo di gioco che sarei curioso di giocare».
Come si diventa Rizzi-gol?
«Con la passione, perché senza non si va avanti, dimenticando i soldi. Oggi invece molti pensano ai soldi e non alla passione. E con una famiglia alle spalle: diventi bello anche se sei brutto, ricco e famoso, fai presto a perdere la testa. Quindi: passione, sacrificio e fatica».
E oggi gioca Rizzitelli?
«Gioco per beneficenza. La Nazionale Club Italia va in giro per il mondo: ci divertiamo e oltre a far del bene agli altri ci facciamo del bene da soli, ogni volta che ci ritroviamo».
Il gol con la Roma che più ricorda?
«Campionato 90-91, l'apoteosi: il gol nel derby al 90' sotto la curva sud. È una di quelle cose che fa dire ai tifosi: domani possiamo andare a lavorare tranquilli».
Cosa serve per fare squadra e per fare una squadra?
«Per fare la squadra servono i giocatori, altrimenti il tecnico, per quanto bravo, non vince mai. E ai giocatori servono qualità e attributi: c'è chi ha paura di giocare partite importanti. Si vince in un ambiente coordinato. Quando capisci che in alto c'è gente che ti aiuta nei momenti difficili e viceversa, il gruppo viene fuori. Se sei allo sbando, i punti persi non li recuperi più».
E alla Roma, partita bene in Campionato, cos'è successo in Champions?
«Mi ero illuso. La prima mezzora con il Porto ho visto una grande squadra. Impressionante. E comunque era uscita con un punto ad Oporto, contro una squadra abituata alle Coppe e con un'espulsione. Poi sono arrivati i quattro gol all'Udinese e sembrava davvero che tutte le cose fossero al posto giusto. La condizione, la testa. Al ritorno il gol del Porto ha tagliato le gambe ma era all'inizio, c'era tutto il tempo per riportare a casa la partita. Poi l'espulsione sciagurata di Daniele e la seconda espulsione. Si è provato a fare qualcosa, ma in nove prima o poi il gol lo prendi. Sono quelle partite che nascono male e finiscono peggio».