La penna degli Altri 14/05/2016 16:58

Montella: "La mia Roma era la più forte poteva vincere tre scudetti ma soffrì la troppa pressione"

montella-panchina-roma-samp

Il tecnico della Sampdoria, Vincenzo Montella ha rilasciato una lunghissima intervista sulle pagine del quotidiano sportivo nella quale ripercorre le moltissime tappe della sua carriera. Questo uno stralcio delle sue parole:

Negli anni di Empoli lei conosce . Un pregio e un difetto.
«Ho giocato con lui a fine carriera e poi fu il mio allenatore nell’anno della miocardite. Lo ricordo perché due giorni dopo l’arrivo del certificato di idoneità lui mi fece giocare in uno spareggio decisivo. Io non avevo disputato una partita vera in tutto l’anno e lui ebbe il coraggio di mettermi in campo. Vincemmo, peraltro. La dote principale di Luciano è la conoscenza e la competenza tecnica unite a una grande costanza nel lavoro. Il difetto è forse che si preoccupa troppo di quello che dicono gli altri».

La Nazionale?
«Sinceramente non ci ho pensato. Penso che per quel ruolo una dote fondamentale sia l’esperienza. Sa chi vedrei bene sulla panchina azzurra? Claudio Ranieri, uomo di equilibrio che ha visto e vissuto tanto calcio e ha dimostrato, non solo quest’anno, le sue qualità».

Ma se le proponessero quel ruolo?
«Se mi chiamassero ci penserei, certamente. E passerei due notti insonni...».

Torniamo alla sua carriera. Parliamo di quando sbarcò a Roma.
«Comincio dicendo una cosa in modo netto. Eravamo i più forti in quegli anni. Perdemmo due scudetti e ne vincemmo solo uno. Ma li meritavamo tutti. Era una formazione molto forte dal punto di vista tecnico e, poi, ci divertivamo molto in campo. Abbiamo ottenuto poco. Forse hanno pesato la pressione che c’è a Roma, anche le distrazioni che ci sono. E l’eccesso di affetto dei tifosi che può far smarrire l’equilibrio a qualche giocatore».

Lei ebbe dei problemi con Capello, allenatore tanto capace e vincente quanto severo.
«Sì, mi dispiaceva non giocare. Ci soffrivo. E allora si aprirono dei conflitti. Ma se li rivedo ora penso che, per quanto mi riguarda, ci può essere stato un concorso di colpa. Furono giorni poco sereni e mi dispiace che sia accaduto».

Con come si trovò? E cosa pensa del suo futuro?
«Con Francesco all'inizio non avevamo combinato molto, sul piano personale. Come si dice oggi non c’era “feeling”. Ma con il tempo è cresciuto invece un solido rapporto di stima e di amicizia. Siamo cresciuti entrambi. Da calciatore ha fatto cose immense, impensabili. Mi piacerebbe smettesse mentre è all'apice, come è ancora oggi. E quindi finché si diverte, e ora sembra proprio divertirsi, è giusto che continui».

Come ricorda la festa dello scudetto al Circo Massimo?
«Una gioia immensa. Fino all'ultima giornata, con il Parma, avevamo paura di perderlo. Io, come le ho detto, quell'anno soffrivo perché giocavo poco. Quella notte magica la ricordo con quel misto di sensazioni, gioia e malinconia. Poi io, per carattere, gioisco dentro di me, più che all'esterno. Ma se dovessi scegli,ere un evento da rivivere opterei per quella notte. E la vivrei certamente in modo più libero».

L’esperienza da allenatore della Roma?
«Breve ma intensa. Fui catapultato e il ricordo, ora, è vago e lontano. Subentrai a Ranieri e la squadra fece dei buoni risultati. Poi la società decise di ingaggiare Luis Enrique. Evidentemente volevano dare un segno di discontinuità rispetto al passato».

(corsport)