La penna degli Altri 09/05/2016 14:32

Lucio non intende fare prigionieri: «Chi vuole andare via, vada pure»

spalletti-sguardo-torvo.

IL MESSAGGERO (S. CARINA) - La concentrazione non lo abbandona nemmeno al fischio finale. Dopo essersi concesso un giro di pista con la squadra e aver ricevuto tanti applausi dai 55mila presenti all’Olimpico, Spalletti davanti ai microfoni e alle telecamere torna immediatamente in clima-gara. L’analisi del 3-0 al Chievo vola via veloce: «Che partita, vittoria e Olimpico pieno. Sono contento. ? Quando randella verso la porta, fa male. ? Francesco con questi assist di prima è il più bravo di tutti». È consapevole infatti che al netto del secondo o terzo posto finale, quella che inizierà alla fine del campionato sarà la partita più delicata. Lui ha già deciso di giocarla a carte scoperte: «Chi vuole andare via deve andare via. Se vuole invece restare, rimane. Io nella mia vita ho sempre fatto quello che mi pare. Poi è chiaro che ci sono dei parametri che bisogna tenere conto. Se uno dice ‘io voglio il triplo dell’altro’ questo crea problemi. Negli spogliatoi ho detto a che avrei avuto bisogno di lui non all’inizio ma a partita in corso.Mi ha dato una pacca sulla spalla e mi ha risposto nessun problema. Ecco, devono essere questi gli atteggiamenti. Ripeto, quelli che vogliono andare via, devono andare via». Chissà se c’è qualcuno al quale saranno fischiate le orecchie: «A sentire loro, sembra di no. Poi magari per obblighi o volontà non si può fare a meno». Un inciso che non può lasciare indifferenti. L’allusione del tecnico è ai conti del club che vanno sistemati entro il 30 giugno per rispettare gli accordi con la Uefa in tema di Financial Fair Play. Ma Lucio non sembra preoccupato: «Di calciatori ce ne sono tanti e anche forti, bisogna essere bravi a individuarli e prenderli. E in questo lo è. Se dovesse accadere che uno ci fa una richiesta e ci obbliga a… Vorrà dire che ci faremo trovare pronti».

CAPOLAVORO Rispetto alla vigilia, dove era sembrato oltremodo nervoso, è tornato padrone della situazione. Gli va dato atto che al netto della posizione finale, il suo lavoro (e dello staff) è stato un capolavoro. Non solo per i punti ottenuti sul campo o per il gioco profuso dalla squadra ma soprattutto perché la Roma è tornata ad essere un gruppo: «Non ci è mai stato riconosciuto pienamente – si rammarica – La rincorsa non era semplice. Non potevamo sbagliare nulla. Abbiamo condotto una grande rimonta». Giusto sottolinearlo. E non ha tutti i torti nemmeno a ribadire che la rimonta non ha avuto l’enfasi che meritava. Il problema è che Lucio non sa con quali propositi era partita l’annata. Doveva essere la stagione dello scudetto, con l’acquisto di che ricalcava quello di Batistuta, con la che sembrava spacciata a -11 dopo 8 giornate. E invece, di delusione in delusione (tra queste l’eliminazione dalla coppa Italia per conto dello Spezia), a gennaio anche un posto in sembrava esser diventato una chimera. Meno male che alla fine,seppur in ritardo, è arrivato lui. il suo scudetto lo ha già vinto.La Roma no.