La penna degli Altri 01/03/2016 16:17
Le minacce dalla Curva: «Veniamo a casa vostra»
IL TEMPO (A. OSSINO - V. IMPERITURA) - «L’esistenza di una vera e propria strategia criminosa avente ad oggetto la commissione di atti di violenza e intimidazione ogni qual volta la squadra giallorossa non risponda ai desiderata della tifoseria ultras». Sono le parole messe nero su bianco dal pm romano Eugenio Albamonte. Frasi che si riferiscono al disegno criminale di cui avrebbero fatto parte anche i 4 ultras indagati: Roberto Calfapietra, Manuel Monteleone, Raniero Galanti e Pietro Ciaramitaro. Secondo gli inquirenti i 4 aderenti al gruppo «Padroni di Casa» «possono considerarsi i manovratori della curva sud in grado di decidere quando dare inizio e quando porre fine alle attività violente e intimidatorie». Sarebbero loro ad aver «organizzato e gestito le attività violente» capaci di intimidire i senatori della Roma. Totti e De Rossi avrebbero avuto infatti il «fondato timore di subire ritorsioni o comunque un male ingiusto alle proprie persone o a quelle dei propri familiari conviventi».
Le prime avvisaglie di quel clima violento iniziarono l’11 gennaio del 2015, quando il derby terminò 2 a 2. Roberto Calfapietra e Raniero Galanti quel giorno, secondo la procura, erano insieme ad Andrea Franceschelli, per il quale si procede separatamente. «Con terzi soggetti non identificati – si legge negli atti – portavano nei pressi dello Stadio Olimpico di Roma 6 bottiglie incendiarie». Tecnicamente: «Congegni micidiali e quindi armi da guerra». La Digos ritrovò le armi all’interno di un’utilitaria parcheggiata davanti lo storico ritrovo dei tifosi giallorossi, il bar «Big Stefano», in largo Maresciallo Diaz. Nella macchina c’erano anche «18 artifici pirotecnici», un coltello, mazze, e caschi. Trascorsi 2 mesi, l’8 marzo, quando la Roma fu bloccata sullo 0 a 0 dal Chievo «un nutrito gruppo di tifosi ultras era entrato nel centro sportivo di Trigoria, affrontando con tono deciso alcuni giocatori e rappresentanti della società». I sostenitori della Roma si sarebbero raccomandati «sui risultati da conseguire in campo», dichiarandosi «non contenti dell’andamento della squadra». Il portiere Morgan De Sanctis, 15 giorni dopo, riferirà alla Digos: «Il clima di contestazione era già in atto dopo l’incontro di Chievo/Roma e prima di Fiorentina/Roma«. «Gli episodi verificatisi a Trigoria – secondo il magistrato - hanno costituito l’inizio di una escalation di contestazioni». Così il 19 marzo, quando la Fiorentina eliminò dall’Europa League la Roma, il clima era rovente. «Al termine dell’incontro io e altri miei compagni di squadra ci siamo recati sotto il settore della curva sud dove i tifosi avevano reclamato a gran voce la nostra presenza con ripetuti cori – aveva testimoniato Francesco Totti - Durante questo confronto siamo stati insultati e fatto oggetto di sputi, lancio d’accendini e bottigliette di plastica». «Non ho potuto fare nulla per quanto accaduto, mi dispiace - avrebbe spiegato Totti ai tifosi - ma non abbiamo colpa». «Ho deciso di andare sotto la curva al termine della partita dopo un rapido cenno di intesa con Francesco Totti – aveva invece testimoniato De Rossi - per evitare che la contestazione potesse continuare all’esterno dello stadio, tuttavia mentre mi stavo recando verso la recinzione insieme ad altri miei compagni di squadra ci siamo rapidamente accordati tra di noi di non cedere ad alcuna richiesta per farci togliere la maglia in segno di resa alla tifoseria». «Ti veniamo a prendere sotto casa» avrebbero però minacciato gli ultras. «Vi prego sotto casa no» avrebbe supplicato De Rossi. De Sanctis aveva invece riferito di aver ricevuto «numerosi insulti e subìto il lancio di numerosi oggetti quali accendini, bottigliette, aste di bandiere e anche sputi. Pjanic – aveva detto il giocatore - venne colpito con un accendino».