La penna degli Altri 30/03/2016 14:05
Derby -4, c’eravamo tanto odiati
IL TEMPO (G. GIUBILO) - Celebrazioni che non hanno fine, continui inseguimenti alle date che hanno lasciato il segno sulla carriera del più grande giocatore della storia romanista. Quello che vede un ultimo sogno all'orizzonte. Si, perché Francesco Totti non sa fare a meno di guardare al derby del pomeriggio domenicale come all'ultimo della sua attività agonistica. Ma attenzione, non c'è, alle spalle di questo appuntamento, nessuna volontà di interpretazione come una festa di addio. Ormai è diventata un'autentica telenovela, il braccio di ferro con James Pallotta, nessuno dei duellanti è disposto a cedere un millimetro di terreno. Posizioni ferree, distacco insuperabile, questi ultimi mesi non hanno portato a un apprezzabile avvicinamento alla posizione della società, e dunque del suo presidente americano, chiamato a gestire una situazione che più delicata non potrebbe essere. Sono note tutte le considerazioni che hanno prodotto una frattura destinata ad andare oltre. Le motivazioni che hanno condotto a dividere gli umori non soltanto all'interno di Trigoria, ma anche in una tifoseria divisa tra l'affetto al quale Francesco ha pieno diritto e la ragione che reclama chiarezza, nella speranza di un addio meno traumatico di quello che si sta invece delineando e che ha riassunto toni poco eleganti dopo l'intervista televisiva del capitano, quella che aveva indotto Spalletti a lasciare Totti fuori dalla lista dei convocati per la gara con il Palermo. Una partita che la Roma avrebbe stravinto senza il Capitano, che alla vigilia il tecnico aveva indicato come titolare. Salvo poi acconsentirgli di tornarsene a casa, a riflettere su quanto poco opportuna la decisione di affidare il suo malumore alle telecamere fosse stata.
È quasi grottesco che i giorni scorrano senza che all'orizzonte compaia qualche accenno di schiarita. Per carità, è giusto tentare di comprendere la posizione di Francesco, che ancora è in grado, quando gli è concesso qualche briciolo di presenza, di regalare gesti tecnici di straordinario livello. I piedi sono sempre magici, la testa rimane lucida, purtroppo le gambe offrono un supporto molto limitato. Ma Totti è convinto di poter essere protagonista sul campo, non lo attrae un ruolo in società, per gratificante che possa risultare. Lui pretende un altro anno di contratto, non c'è di mezzo un problema economico, ma soltanto un rifiuto di dare l'addio a un'attività agonistica alla quale ha dedicato non soltanto un talento inarrivabile, ma anche i sacrifici affrontati per recuperare da infortuni talvolta devastanti, fino a prendersi, quasi convalescente, un titolo mondiale in azzurro, in quella finale vinta ai rigori sulla Francia. Ma James Pallotta ha un ruolo che non gli consente una mozione degli affetti. Il presidente la sua decisione l'ha già: per Totti nella Roma ci sarà sempre un posto, ma non sul tappetto verde. Purtroppo i messaggi, fin troppo chiari, che il patron ha lanciato al giocatore, non sono stati recepiti, nonostante il presidente abbia avuto il tacito supporto di Spalletti, che mai ha dimostrato qualche propensione a considerare il Capitano tra le prime scelte della stagione.
Ora che Isabel è arrivata ad allargare la già splendida famiglia, Francesco deve meditare. Il suo addio all'agonismo sarebbe salutato con affetto e riconoscenza, l'occasione per mostrare ancora una volta l'amore per la Roma, che da oltre venti anni ha monopolizzato i suoi pensieri. Un amore che può testimoniare anche attraverso una produttiva presenza in poltrona. Come molti altri ex campioni, a fine carriera, hanno mostrato propensione a un ruolo del tutto nuovo, anche Francesco ha le capacità per gestire situazioni che non conosce, ma che può imparare ad approfondire in breve tempo, come ci si aspetta da un ragazzo sveglio e intelligente, capace di autoironia, e capace soprattutto di migliorarsi anche fuori dal campo. Farebbe male, Totti, a lasciarsi sfuggire questa occasione che gli garantirebbe comunque una popolarità e una simpatia perfino superiori a quelle che attualmente vengono messe in secondo piano da quanto il giocatore ha saputo offrire, in termini di presenze e in termini di gol, su quel campo da gioco che si ostina a vedere ancora come una priorità assoluta. Ci aspettiamo, da lui, ancora un gesto di quelli meritevoli di suscitare una valanga di applausi, come quelli che salutavano un gol, una prodezza, un gesto con il marchio dell'esclusività.