La penna degli Altri 23/02/2016 14:19

Francesco, cinque anni Usa all’opposizione

totti panchina sassuolo roma

IL MESSAGGERO (S. CARINA) - «C’è una triangolazione Baldini--Luis Enrique che non mi piace affatto. Si tratta di una sorta di stallo. E quando un aereo va in stallo, poi precipita». Ancora una volta è stato profetico. Non solo quando il giorno del suo insediamento a Trigoria avvisò presenti e tifosi di «non affezionarsi troppo ai calciatori» (e i 66 volti nuovi in 5 anni ne sono la conferma). Perché quel famoso stallo, a cinque anni di distanza, si ripropone. Basta infatti sostituire gli interpreti del triangolo, tenendo come punto fermo , e la sostanza non cambia. Al netto delle rassicurazioni passate, presenti e future di , il rapporto tra il capitano e la proprietà americana è stato un continuo sali e scendi di incomprensioni e malintesi.

GAFFE E SCIVOLONI - Tutto cominciò sempre col ds. All’epoca del suo arrivo, aveva disputato 610 gare con la Roma e segnato 262 gol. Il 10 giugno del 2011, in una conferenza-fiume, dichiara che Francesco «è come il sole al tramonto sui tetti di Roma». Ancora oggi il ds continua a ritenere come le sue parole fossero un complimento che tuttavia il diretto interessato (e non solo lui) ha sempre considerato uno scivolone. Al quale ne sono seguiti altri. Alcuni rimasti indelebili. Ad esempio quello di Baldini: « deve liberarsi della sua pigrizia e di chi usa il suo nome, anche a sua insaputa». Poi, il 2 settembre, dopo l’eliminazione dai preliminari di Europa League e la sostituzione con Okaka nel finale di gara con lo Slovan Bratislava (che fa rivoltare l’Olimpico nei confronti di Luis Enrique), torna a occuparsi del capitano: « deve mettere da parte ogni vanità, altrimenti il suo caso rischia di uccidere la Roma. Non merita che si racconti la sua storia dicendo che ha demolito gli ultimi 6 allenatori». Alludendo quindi che in passato, almeno per gli ultimi 5 tecnici, fosse accaduto. Pochi giorni dopo, sempre il ds dovrà fronteggiare anche il disappunto di Lucho che si reca nel suo ufficio lamentandosi del fatto che con non riesce a imprimere agli allenamenti quell’intensità e velocità che lui ritiene necessari. Nel frattempo cambiano gli allenatori e Francesco torna a giocare e segnare. Ne segue un periodo di apparente calma. Sino alla scorsa estate, quando sempre invia a Gerson una maglia con il numero 10 e il nome del brasiliano. «Era per convincerlo», si difende. , intuendo l’imbarazzo del ds, corre in suo soccorso: «Non c’è problema, è normale che un ragazzo sogni d’indossarla». Il resto è storia (triste) degli ultimi giorni.