La penna degli Altri 20/02/2016 00:16
Boston, Roma e il Palermo
AS ROMA MATCH PROGRAM (T. RICCARDI) - La storia viaggia per migliaia di chilometri tra Roma e Boston. Un mondo di mezzo, che parte dal Mar Tirreno e arriva fino all’Oceano Atlantico. È il 15 aprile 2011, giorno in cui è stata fissata la firma tra il consorzio statunitense DiBenedetto-Pallotta e i rappresentanti di UniCredit, proprietari del club dopo i diciotto anni dei Sensi. È in ballo il pacchetto di maggioranza dell’Associazione Sportiva Roma. La trattativa si consuma a Boston, nello studio legale Bingham in 1 Federal Street, all’incrocio con la Franklin. In loco c’è un pezzo della città eterna tra giornalisti, avvocati e dirigenti di spicco dell’istituto bancario nazionale (Paolo Fiorentino, Roberto Cappelli, Attilio Zimatore).
Tutto è pronto per sancire un passaggio di consegne storico, la prima società della Serie A in mani straniere. Roba da titoli del TG1. C’è curiosità in tutta Italia, non a caso gli inviati sono molteplici tra televisioni, quotidiani e radio. La giornata è lunga e intensa. Si lavora intensamente per arrivare alla fumata bianca. I cronisti sono assiepati in piedi nella hall di un grattacielo. A Roma i tifosi sono collegati in rete o in fm per avere aggiornamenti in tempo reale. Si fa tarda serata, nella Capitale. Non in America, lì è pomeriggio inoltrato. “Andiamo per le lunghe”, dice uno dei personaggi vicini al dossier. C’è da attendere, ma non sono previsti rilanci strani. Semplici tempi tecnici per far quadrare un’operazione complessa e piena zeppa di cavilli burocratici.
Tuttavia, la riunione fiume conosce finalmente il suo epilogo: alle 17.56 locali viene messo tutto nero su bianco. In Italia sono sei ore avanti, 23.56. Un disastro per i giornali in chiusura, ma tant’è. Conta la notizia. I mezzi di informazione possono finalmente dare l’ufficialità. La Roma è degli americani, la svolta è arrivata e non ci saranno colpi di scena ulteriori. Una quarantina di minuti dopo, alle 18.35, è il momento della conferenza dei nuovi proprietari. DiBenedetto e Pallotta posano con maglie della stagione: una rossa e l’altra bianca. A moderare l’incontro con la stampa sono gli uomini di Open Gate, società di comunicazione che aveva accompagnato il gruppo bostoniano nei primi approcci con le testate italiane. Terminata la prassi, si può festeggiare. Al ristorante “Nebo” della famiglia Pallotta si consuma una cena con i giornalisti romani, quando in Italia è notte fonda o quasi alba.
Il giorno dopo, il 16 aprile, alle ore 18 italiane, all’Olimpico si gioca Roma-Palermo, trentatreesima giornata del campionato. Un’occasione per la squadra di Montella di avvicinarsi al quarto posto, utile per la Champions League. La partita, inevitabilmente, è condizionata dalle news arrivate da oltreoceano. Vincono i rosanero 3-2, nonostante il vantaggio di Totti su calcio di rigore. Pinilla e doppio Hernandez regalano i tre punti alla formazione di Delio Rossi. Di Vucinic il gol della bandiera. Il montenegrino e Menez sciupano un paio di occasioni facili facili per ridare dignità al risultato, ma niente. Non è cosa. Da Boston, i giornalisti al seguito si radunano per vedere la partita al Kennedy Pub, Province Street. Poco male. La storia romanista era stata riscritta il giorno prima, per una volta non su un terreno verde di gioco, ma dietro a una scrivania. Sono passati cinque anni da allora. 1773 giorni. E molte cose sono cambiate.