La penna degli Altri 26/01/2016 13:25
Il labiale che il calcio tollera, stop impossibile per De Rossi. Buffon chiede che si scusi
LA REPUBBLICA (F. S. INTORCIA) - Una zingarata. Per il momento Daniele De Rossi non sarà punito per l’insulto a Mario Mandzukic, sfuggito all’arbitro Banti. Non c’erano gli estremi per la prova tv e nessuna segnalazione nel pomeriggio è arrivata sul tavolo del giudice sportivo Gianpaolo Tosel. Il procuratore federale Stefano Palazzi attende oggi i suoi provvedimenti, prima di aprire un fascicolo sulla base delle notizie di stampa: nel caso, ascolterà i protagonisti, De Rossi, Mandzukic, lo stesso Banti, cercherà riscontri testimoniali per valutare se punire il giallorosso. Difficile, e passerà tempo. Banti non ha udito nulla, altrimenti avrebbe dovuto espellere il romanista ed esporlo alla maxisqualifica, 10 turni di stop secondo le nuove norme. Ha già deciso per l’assoluzione il mondo del calcio, che, forse già logorato dalla polemica Mancini-Sarri, non ha alcuna voglia d’indignarsi stavolta, né di censurare il centrocampista della Roma per quella frasetta completata spalle all’avversario, a denti stretti, in piena trance agonistica. A partire da Marcello Lippi, che con De Rossi ha vinto un Mondiale: «Quando sei in tensione e nervoso ti scappano certe frasi che a mente lucida non diresti mai. Io stesso, quando ero sui campi, chissà quanto volte ho mandato a quel paese qualcuno, magari con parole volgari». Poi Maurizio Zamparini, presidente del Palermo: «Quando giocavo facevo di peggio, è l’agonismo, le parolacce escono. Lasciateli giocare, lasciate che si insultino, sono uomini. Mettere il labiale è il vero insulto». Fino a Zibì Boniek, assai comprensivo: «In campo queste cose sono sempre successe, a me davano del lavavetri, il razzismo non c’entra, se vuoi offendere qualcuno cerchi il punto più debole. Ai miei tempi c’erano meno telecamere e i giocatori erano diversi, se dovevano chiarire qualcosa lo facevano nel tunnel, non con i giornalisti. Andando a esaminare il labiale si sta prendendo una direzione sbagliata».
La censura arriva dal capitano azzurro Gigi Buffon, che, ricevendo il premio Gianni Brera come sportivo dell’anno a Milano, invita De Rossi a scusarsi: «Ogni tanto commettiamo degli errori in campo, quando hai la telecamera addosso che ti coglie in flagrante e in fallo è chiaro che devi chiedere scusa». L’Associazione 21 luglio e Popica Onlus chiedono l’intervento della giustizia sportiva per l’uso di un termine, zigaro, «percepito come offensivo dai rom e dai sinti che vivono nel nostro Paese» e «paragonabile a un insulto razziale». Nel codice di giustizia sportiva c’è un vuoto normativo a cui si è aggiunta una incongruenza giuridica. La prova tv fu introdotta nel ‘99 per punire i gesti violenti e le condotte gravemente antisportive, che l’articolo 35 disciplina in modo puntuale: la simulazione che causa rigore o espulsione, oppure il gol segnato o sventato con la mano. Insomma, una scorrettezza che incide pesantemente sull’andamento della gara. Nel 2010, su impulso del presidente del Coni Petrucci, la prova tv è stata estesa alla bestemmia, non ad altre intemperanze verbali. Ecco il vuoto. Nel 2013, durante la presidenza Abete, la Federcalcio recepì la stretta Uefa sugli insulti razzisti, ma la disciplina della prova tv non è stata modificata. Così, per la bestemmia c’è un turno di stop e l’uso di immagini, per le frasi razziste 10 giornate ma solo se rilevate dall’arbitro. Il presidente Tavecchio adesso promette di riscrivere ex novo l’articolo 35, per favorire l’interpretazione sistematica del codice. Il consiglio federale esaminerà il nuovo testo solo a giugno.