La penna degli Altri 11/01/2016 13:16
E alla fine il tecnico è rimasto da solo al centro del villaggio
IL MESSAGGERO (S. CARINA) - Aggrappato a un filo. La stagione di Garcia oramai vive di paradossi. Salvato in Roma-Genoa più dall’abbraccio di Florenzi (e del gruppo) che dal 2-0 sul campo, stavolta il j’accuse diretto al preparatore atletico Norman («Siamo sulle gambe») reiterato anche sabato sera, potrebbe rivelarsi più letale dell’ennesimo pareggio subito in rimonta. La replica piccata del presidente Pallotta a Il Messaggero.it lascia poco spazio alle interpretazioni: Rudi è sempre più in bilico e le prossime ore saranno decisive per capire il suo futuro.
LO STRAPPO Anche perché più passano i giorni e più il tecnico continua ad essere delegittimato. Aveva iniziato il dg Baldissoni nel pre-gara col Milan: «Più dei risultati ci preoccupa la fragilità che mostra la squadra». Domanda lecita: e di chi è la responsabilità? Ieri le parole del presidente, toccato nel vivo, hanno sancito lo strappo. Sono lontani anni luce i tempi nei quali Rudi veniva definito «il nostro Ferguson». Il silenzio di Sabatini, sempre prodigo di parole, è tanto enigmatico quanto eloquente di una situazione volta alla precarietà. Il ds non vuole arrendersi al fatto che questa possa diventare una stagione di transizione. Sollevare l’allenatore dal suo incarico lo sancirebbe. Nonostante questo anche per lui stavolta sarà difficile salvarlo. Perché Rudi ha commesso (volutamente?) l’errore più grande: quello di toccare delle corde (Norman) che non andavano nemmeno sfiorate. Almeno pubblicamente. Garcia e Sabatini ne hanno parlato ieri a Trigoria. Poi il francese ha avuto un confronto con la squadra. L’ennesimo. Per la seconda volta nelle ultime settimane, il messaggio all’esterno è stato di toni molti duri utilizzati dall’ex Lille. Potrebbe essere troppo tardi.
POTERI AL VENTO Anche in questi giorni di confusione, parlare di Garcia inviso allo spogliatoio sarebbe sbagliato e scorretto. Tuttavia i calciatori hanno capito per primi come la figura del francese, rispetto ai primi due anni, sia ormai depotenziata. Dalla società che in estate gli ha preso il preparatore canadese e lo staff medico al ds che non perde occasione per ribadire che i calciatori li sceglie lui, Rudi non è più il capo branco indiscusso e indiscutibile. Finché le cose sono andate bene, nessuno ci ha fatto caso. Inevitabile che al primo momento di difficoltà, la situazione di precarietà sia tornata a galla con il gruppo che ha iniziato a sfuggirgli di mano. Sono sempre più frequenti battibecchi in campo o calciatori che al primo accenno di problemi fisici si tirano indietro. Per carità nulla di trascendentale o di scandaloso ma chi è uomo di campo sa che basta poco per indebolire la figura dell’allenatore. A volte anche inconsapevolmente. Basta ad esempio non rischiare e non dare la disponibilità a scendere in campo quando non si è al 100%. Ci si comporta da meri professionisti quando fino ad un anno fa era una prassi consolidata buttarsi nel fuoco per il tecnico. Questo perché la squadra si rispecchiava in Garcia e nella sua leadership, esterna e interna. Ora tutto questo non c’è più.