La penna degli Altri 01/10/2015 14:37
Roma in caduta, rischiano tutti
IL MESSAGGERO (U. TRANI) - Il colpevole è lì, chiuso all’angolo: Garcia. A furor di popolo, lo indica la piazza. Ma dopo l’umiliazione di Borisov non ha più l’esclusiva. La gente improvvisamente apre gli occhi e non perdona più nessuno. Anche la società è nel mirino quanto l’allenatore. Per mancato controllo in Casa Roma. Perché non si espone sulla vicenda e perché non interviene, mandandolo via. La conferma è, però, vaga. E a tempo. Pure se il management di Pallotta non considera Rudi in bilico, la trasferta di domenica a Palermo diventa per forza decisiva. Non potrebbe essere diversamente. In caso di ennesima caduta (2 sconfitte nelle ultime 3 gare e in Bielorussia squadra irriconoscibile grazie anche alla terza maglia), la situazione precipiterebbe e, con la sosta per la nazionali, ci sarebbe il tempo per prenderla di petto. Da Ancelotti a Mazzarri: in pentola bollono sostituti per tutti i gusti. Ma attenzione: ora anche i dirigenti rischiano il posto, il vento sta girando.
IMMOBILISMO VOLUTO – L’equivoco resta davanti agli occhi di tutti. Lo stesso di inizio estate. Il francese non pensa alle dimissioni, a differenza di chi, a Trigoria, però le sbandiera sempre sotto traccia. Ma Garcia non può nemmeno essere esonerato. L’addio costa troppo: 17 milioni. Ai quali bisogna aggiungere lo stipendio del nuovo tecnico. Svolta impossibile per chi è sotto la lente di ingrandimento del Financial Fair Play. Il club, dunque, tentenna, guardando al bilancio. E all’immagine: cambiando guida, sarebbe la quinta in 5 anni. Pentafallimento, non solo per chi va in panchina. Il presidente, da oltreoceano, risulta irritato per la piega che ha già preso la stagione. Contesta le scelte di Rudi, ma anche quanto avviene attorno. La gestione a Trigoria non piace alla proprietà. Lo scollamento tra dirigenti e Garcia è evidente. Dispetti e pettegolezzi vengono quotidianamente a galla. Ognuno semina per se stesso, con laRoma che raccoglie poco e niente. La presunzione in campo e dietro la scrivania, per lo scaricabarile degli errori. Chi più ne ha, ne addossa. Sempre agli altri, però. Il braccio di ferro è tra il club e l’allenatore. A rimetterci è la squadra. Lo scoramento del gruppo è a livelli di guardia.
COLLOQUIO NELL’ARENA – Baldissoni e Sabatini si sono fermati con tecnico e giocatori nello spogliatoio dello stadio di Borisov. Discorso soft di chi fuori dà l’impressione di essere più spaesato della squadra in campo. «Voltiamo subito pagina, ma bisogna vincere a Palermo». In sintesi: domenica non si può perdere. Di certo non c’è alcun ultimatum, anche perché Trigoria il giorno dopo si svuoterà, via tutti i nazionali che non sono certo pochi. Il dg e il ds hanno parlato poi tra loro per sviscerare la crisi che è tecnica e psicologica. Fragilità tattica e anche mentale. Sabatini ha dato più peso al primo aspetto che lo inquieta e al tempo stesso, per il mercato chiaramente difettoso, lo chiama di nuovo in causa. Ha affrontato la questione con il veterano tra i match analyst giallorossi, quel Simone Beccaccioli che è il riferimento della dirigenza e di Garcia.
La discussione, da come appare nel video di ReteSport, è stata abbastanza animata. La preparazione della gara è stata scrupolosa: così si è difeso Beccacioli che però non è riuscito a spiegare come mai sia stata interpretata nel modo peggiore. Già il gioco, questo sconosciuto. «Sono tre anni che ci guida, abbiamo piena fiducia in lui, così come la ha lui in noi. La squadra sta con il mister» la rettifica di Florenzi che, a Borisov, era stato esplicito: «Abbiamo preparato mentalmente malissimo la partita». Così per evitare ulteriori malintesi ha chiarito: «Nel primo tempo non sono riuscito a fare quanto volevo». Autocritica a richiesta.
SOLO E MALE ACCOMPAGNATO – L’unico che può rispondere è Garcia. Che, tra le tante colpe, ne ha una più robusta delle altre: aver avallato ogni decisione della dirigenza. Adesso sconta di essersi piegato. Perché dietro agli acquisti di facciata, cioèDigne, Salah e Dzeko, c’è il nulla. Cioè esiste la prima squadra di 11 giocatori (quando va bene) e basta: ecco perché le assenze peseranno sempre e comunque. Difesa, centrocampo e attacco sono reparti incompleti, con le seconde linee sgradite al tecnico. Che ha deciso i cambi proprio per certificare l’inadeguatezza della rosa, dentro Iago Falque, fuori dalla lista dei convocati e recuperato in extremis con tanto di ginocchio bendato, e Soleri, al debutto senza essere mai andato fino a martedì sera nemmeno in panchina. Meglio l’infortunato e il diciassettenne, anche perché 3 acquisti dell’ultimo mercato sono fuori dalla lista Uefa. Altre spese superflue.