La penna degli Altri 31/10/2015 13:16
Lo scudetto passa a San Siro
IL TEMPO (G. GIUBILO) - Sul suo ancora fresco incedere da primadonna sul palcoscenico del calcio nazionale, la Roma è ogni volta chiamata a rispondere presente ai richiami degli appuntamenti più prestigiosi.
Prima contro seconda, una situazione che i giallorossi hanno già affrontato, uscendo poi trionfalmente dalla trasferta di Firenze. Stavolta cartina di tornasole sulla consistenza delle aspirazioni romaniste è rappresentata dall’Inter, che ha comandato la classifica per cinque giornate a punteggio pieno, prima che con la Fiorentina si esaurisse la robusta scorta di fortuna. Da quel momento i nerazzurri hanno vinto una sola volta, a Bologna giocando mezzora in inferiorità numerica, per il doppio giallo a Felipe Melo, che ha suscitato l’irritazione più viva da parte di Mancini. Anche perché il brasiliano deve saltare l’appuntamento con la capolista.
Ha un’etichetta eloquente, la sfida notturna al Meazza, il confronto tra il miglior attacco del campionato e la difesa meno battuta. Anche se è vero che non sempre i numeri sono specchio fedele della realtà, ci troviamo di fronte a dati significativi. Non accade spesso che un duello di artiglierie come quello tra Real Madrid e Psg finisca senza lo straccio di un gol. Infatti il pari bianco veniva pagato a undici contro uno. È stato differente, durante l’estate destinata a rifare il trucco alle signore del nostro calcio, l’approccio al mercato dell’Inter da quello della Roma. I giallorossi si sono affidati alla qualità, con l’arrivo di Dzeko e Salah. Ma soprattutto Sabatini ha mantenuto lontane le sirene della Catalogna, così alla corte di Garcia è rimasto quel Pjanic che qualcuno nella capitale avrebbe voluto partente. Il tecnico ha puntato sulla limpida classe del bosniaco che però, come Dzeko, avrà l’handicap degli spareggi per l’Europeo di Francia contro l’Eire.
A merito di Garcia va anche ascritto il recupero di Gervinho, che dopo la Coppa d’Africa vinta con la sua Costa d’Avorio, aveva dedicato ai festeggiamenti un periodo decisamente troppo lungo. Ora è tornato con umiltà e fervore, Garcia ha potuto apprezzarne lo zelo in copertura, non proprio la specialità della casa. Nel suo slancio alla riconquista di posizioni più degne del passato, l’Inter è venuta incontro alle richieste del nuovo tecnico, che però troppo a lungo ha privilegiato la quantità alla qualità. Soltanto in corso d’opera sono stati sfoltiti i ranghi, una volta stabilito che alle spalle di Icardi, tutt’altro che modello di continuità, garantissero apporto qualitativo e piedi buoni Jovetic e Perisic. La produzione offensiva non è lievitata in modo apprezzabile, ma la difesa ha fatto argine, grazie anche a qualche miracolo di Handanovic. Un possibile bilancio delle forze in campo lascia i piatti in perfetto equilibrio. E dunque è possibile che sia un episodio, o un lampo di genio, a decidere la sfida, che mai come stasera ha un valore determinante.
Non dovrebbe essere un fattore troppo significativo il campo avverso, per una Roma che ha dimostrato di saper mettere a frutto l’arma del contropiede con le frecce della sua prima linea. Chiaro che ci vorrà, rispetto ai recenti alti e bassi, qualche attenzione in più da parte della difesa.
Apre il sabato una sfida, il derby di Torino, che ha richiami romantici prima che tecnici. La deficitaria classifica della Juventus reclama una vittoria che possa restituire coraggio a Max Allegri, ancora tramortito dalla scoppola sofferta di fronte al Sassuolo. Anche perché l’ammissione di colpa da parte di Buffon nascondeva il sospetto di un indiretto messaggio da parte della società. Nonostante le incognite che ogni stracittadina nasconde, le troppe assenze dei granata sembrano offrire ai campioni in carica una buona occasione di immediato riscatto.
Ma sarà la domenica a dare fiato alle pretese delle primi inseguitrici. Mentre è tutto facile per la Fiorentina in casa con il Frosinone, il Napoli corre qualche rischio di fronte al Genoa a Marassi. E la Lazio dovrà guardarsi dall'arrivo di un Milan che ha preso a vincere con frequenza, pur senza entusiasmare.