La penna degli Altri 08/06/2015 13:28
Luis l’incompreso e quelle false verità
IL MESSAGGERO (M. FERRETTI) - Avendo centrato il Triplete, e al primo tentativo, su una panchina bollente come quella del Barcellona, Luis Enrique è diventato l’allenatore ideale, il tecnico migliore, l’hombre giusto per tutte le squadre del mondo. E non v’è dubbio che nei successi della fenomenale squadra blaugrana campione di Spagna e d’Europa ci sia anche la sua mano. Forti di questo, i profeti dell’ovvio, portatori sani di banalità e pressappochismo, adesso non perdono occasione per fustigare Roma, la Roma e i romani per essersi fatti scappare l’uomo dei sogni.
In realtà, non è stata Roma (la Roma e i romani) a cacciare Luis dalla capitale, ma è stato l’asturiano stesso ad andarsene, nonostante un altro anno di contratto con Trigoria e le suppliche del ds Sabatini a restare. A Roma (i romani e la Roma) forse non hanno valutato a dovere le qualità di Luis, definito da Daniele De Rossi (uno che oggi viene fatto passare per un suo nemico) «il miglior allenatore che abbia mai avuto», ma tutti hanno ben impressi in mente alcuni numeri della gestione di Luis, tipo le 14 sconfitte in campionato (alcune “storiche” come quelle di Bergamo e Lecce, con Colantuono e Cosmi costretti - per amor di fede giallorossa - a fermare le proprie squadre dopo la quarta rete) oppure l’eliminazione al turno preliminare di Europa League per mano dello Slovan Bratislava o ancora le quattro pere rimediate allo Stadium in campionato, dopo averne raccolte altre tre in coppa Italia nello stesso impianto e contro lo stesso avversario. Senza citare l’en plein nei derby contro la Lazio, due partite e altrettante sconfitte. Roma (la Roma e i romani) hanno solo preso atto della realtà, tipo gli acquisti di Kameni (poi ripudiato), José Angel e Bojan, tutti griffati Luis Enrique. Come quello di Osvaldo, per carità, miglior cannoniere nella stagione 2011-12, che aveva apprezzato all’Espanyol.
DA VERRE A INIESTA Luis Enrique è venuto a Roma portandosi dietro cinque uomini di fiducia (presto diventati tre, per loro scelta) e avendo alle spalle la fiducia totale e incontaminata di tutto il management della proprietà americana, appena insediatasi a Trigoria, eppure ha completamente fallito (settimo posto in campionato). Forse non era ancora pronto per una piazza così importante, qui ha fatto parecchia scuola-guida ma Roma, la Roma e i romani centrano poco con il suo flop. Hombre vertical, certo; professionista esemplare, si dice così?, sicuro; ma tentare di riprodurre in pochi mesi all’ombra del Colosseo il modello Barça è stato tentativo spericolato. Esagerato. Sbagliato. E, poi, avere Neymar al posto di Bojan, Messi invece che Caprari oppure Suarez e non Okaka o ancora Iniesta e Xavi anziché Viviani e Verre aiuta. Aiuta tanto, soprattutto a vincere.