La penna degli Altri 19/05/2015 13:41
Non è un Paese per giovani. La serie A si scopre più vecchia degli altri tornei in Europa
CORSERA (F. MONTI) - Vecchio e in lotta con i debiti, ma vivo, vivace e deciso a resistere, in attesa di tempi migliori: il lavoro da fare è molto e i tempi stretti. È il quadro del pallone italiano, come è stato disegnato dalla quinta edizione di «ReportCalcio», il rapporto annuale (diviso in nove sezioni) realizzato dal Centro Studi della Figc insieme con Arel e PwC e presentato ieri al convegno Ussi a Coverciano. Con 1.372.137 tesserati tra calciatori (1.073.286), tecnici (23.474), componente arbitrale (34.381) e dirigenti (240.996), il calcio rappresenta ancora lo sport più praticato e seguito in Italia. Nel 2013-2014, i 12.131 campi italiani hanno ospitato quasi 600 mila partite ufficiali. Nella fascia compresa fra i 5 e i 16 anni, risulta tesserato per una società un ragazzo su cinque. In Europa il calcio italiano è il quarto movimento di maggior rilevanza per numero di squadre e di tesserati. La serie A è il campionato più vecchio d’Europa (54 tornei) per età media dei calciatori (27,3 anni, rispetto ai 25,6 della Germania), le partite vengono giocate in stadi con un’età media di 62 anni e soltanto Inghilterra e Cipro hanno una percentuale superiore di giocatori stranieri: 54,1% contro il 40% di Spagna e Germania.
La serie A italiana occupa anche l’ultimo posto per giocatori provenienti dai vivai: 8,4% contro il 23,6% della Francia. Impressiona il numero di giocatori stranieri tesserati nel 2013-2014: 53.805, il 70% di loro nel Settore giovanile e scolastico. Il numero di stranieri minorenni al primo tesseramento è stato di 9.793; guida l’Albania (1.784) davanti a Romania (1.668) e Marocco (1.521). Capitolo spettatori: nel 2013- 2014, la presenza complessiva nelle partite del calcio professionistico è stata di 13,1 milioni (+6% rispetto alla stagione precedente); la percentuale di posti occupati negli impianti supera il 50% soltanto in serie A. L’affluenza-media in A, confrontata con gli altri quattro campionati più importanti in Europa, è stata di 23.011 spettatori, superiore soltanto alla Prim a D i v i s i o n e f r a n ce s e (20.953). Il primato è della Bundesliga (43.499) contro i 36.670 della Premier League e i 26.955 della Liga.
Il Report 2015 ha preso in considerazione anche i dati economico-finanziari nel 2013- 2014. Il valore della produzione è stato di 2,7 miliardi, con un incremento dell’1,2% rispetto alla stagione precedente. Il fatturato totale dei club europei di Prima Divisione è cresciuto nello stesso periodo del 6,4%. Il movimento economico complessivo generato dal pallone, compresi attività giovanile e indotto, ha prodotto un giro d’affari di 13 miliardi, un numero cresciuto del 53% in dieci anni, che colloca il calcio tra le prime dieci industrie italiane. La perdita netta prodotta dal calcio italiano è di 317 milioni (-1,9%), contro i 430 milioni del 2010- 2011. I debiti aggregati del sistema Pro hanno sfiorato i 3,7 miliardi di euro (erano 2,8 nel 2009-2010). Il patrimonio netto è di 273 milioni di euro, in diminuzione rispetto ai dati degli anni precedenti. I diritti tv incidono per il 37%, per un totale di 1.016 milioni (-2%). Una voce significativa è rappresentata dalle plusvalenze legate alla cessione di calciatori: 528 milioni (-1,51%), mentre i ricavi commerciali hanno registrato una diminuzione del 3% e rappresentano il 14% del valore di produzione totale. Crescono i debiti della serie A (3.093 milioni), ma la perdita netta si è ridotta dai 202 milioni del 2012- 2013 a 186 milioni. Anche il Report 2015 conferma che il calcio è uno dei principali contribuenti dell’Erario. Nel 2012 la contribuzione fiscale e previdenziale complessiva è risultata pari a 1.023 milioni di euro, l’86,5% derivante direttamente dal sistema professionistico (serie A, B e Lega Pro) e il restante 13,5% dalle scommesse sul calcio. Dal 2006 al 2012, la contribuzione totale diretta del settore è stata di quasi 6 miliardi di euro.