La penna degli Altri 30/05/2015 15:27

Addio Petisso, genio ironico

petisso

IL TEMPO (G. GIUBILO) - Non c e l'ha fatta, a spegnere le novanta candeline, a luglio avrebbe compiuto novanta anni. Bruno Pesaola, il «Petisso», se ne è andato ieri, lasciando un vuoto incolmabile. Era stato una leggenda per il mondo del calcio, che in Italia lo avrebbe accolto nel dopoguerra, adottandolo come figlio per tutta la sua lunga e felice vita, anche con gli alti e bassi che segnano l'esistenza di tutti i grandi personaggi.

Ha vinto tanto, da giocatore e da allenatore, perfino un titolo nazionale con la nel 1969. Pur avendo frequentato la nobiltà del calcio italiano, il suo nome resta legato al , per quattro volte era tornato sotto il Vesuvio, da giocatore prima e da allenatore poi, legato a filo doppio alla à, sui campi della sua professione e all'ippodromo di Agnano da appassionato dei cavalli da corsa. Anche se a quest'ultima propensione non amava dare pubblicità.

Ricordo che mio fratello Alberto lo citava, nelle sue telecronache, tra gli ospiti d'onore dell'impianto. Ero io, da vecchio amico, a raccogliere le sue lamentele: «Tuo fratello mi vuole rovinare, io ad Agnano volevo rimanere in incognito, che le racconto a mia moglie?». Bonario e ironico come sempre, aperto agli scherzi e alle battute, in questo italiano a tutti gli effetti. Era arrivato a Roma alla fine degli Anni Quaranta, con la maglia giallorossa avrebbe giocato novanta partite in quattro stagioni, segnando venti gol. Veniva dalla Serie B argentina e suo compagno di viaggio era stato Peretti, che tra i due era il più quotato, ma che non sarebbe andato oltre le sette presenze, con un solo centro. Era stato colpito, colpa di frequentazioni poco accorte, da una malattia infettiva che adesso avrebbe richiesto al massimo una curetta di antibiotici, ma che a quei tempi segnava la fine di una carrera. Al Petisso, appena trasferito nella Capitale e fiero dei suoi baffoni nerissimi, i compagni combinarono uno scherzetto, mentre dormiva gli tagliarono uno dei mustacchi, obbligandolo a un radicale cambio di fisionomia.

Tra i tanti aneddoti, è passata alla storia l'intervista rilasciata a un giornalista di Bergamo alla vigilia della trasferta del suo sul campo dell'Atalanta. Interrogato sulla tattica che aveva in mente, rispose che i suoi avrebbero giocato come sempre una partita votata all'offensiva. Quel giorno, il non riuscì mai a trarsi fuori dalla propria area di rigore. E quando il cronista gli chiese spiegazioni, il Petisso ribatté tranquillo: «E me hanno rubato l'idea». Con lui, era difficile annoiarsi. Ci mancherà.