La penna degli Altri 27/04/2015 13:32
La "piccola" Roma cammina su un filo
IL TEMPO (A. AUSTINI) - Ridotti a «gufare» la Lazio come nei tempi bui e a riprendere fiato grazie a un gol del Chievo. La stagione della Roma è diventata anche questo. Dalla candidatura «ufficiale» per lo scudetto alla speranza di riprendersi un secondo posto che al momento è perso. Ma non del tutto: le due romane hanno raccolto entrambe un punto nelle ultime due partite, il Napoli si è avvicinato minaccioso a due lunghezze dai giallorossi, la sensazione è che i pass Champions saranno assegnati solo nella coda della volata, col derby e la visita della Lazio al San Paolo. Garcia, i giocatori e la società continuano a camminare su un filo, sospesi tra il «fallimento» sportivo - così ha definito l’eventuale quarto posto Sabatini dopo il ko di Milano - e la possibilità intatta di garantirsi un finale dolce. La terza piazza sarebbe la classica via di mezzo pericolosa, con i rischi connessi al preliminare di Champions da giocare ad agosto.
Ma la Roma degli ultimi mesi non può ragionare da grande come un anno fa, quando aveva 18 punti in più di quelli attuali alla 32ª che ora basterebbero per stare in vetta a +3 dalla Juve. Nelle 13 gare del girone di ritorno la banda di Garcia ha raccolto la miseria di 17 punti segnando appena 11 gol, meno di uno a partita. Salgono solo a 19 i punti conquistati se si calcolano le 15 partite successive a Udinese-Roma dello scorso 6 gennaio, quando i giallorossi accorciarono a 1 dalla capolista. Chi poteva pensare che quello fosse in realtà l’inizio della fine? Da allora Totti & Co. ne hanno vinte 3, perse 2 e pareggiato tutte le altre 10. Una squadra dissolta in pochi mesi, tra infortuni e scelte inspiegabili sul mercato, a cominciare dall’attacco. Salutato Destro, Garcia continua a giocare senza centravanti visto che Doumbia è come se non fosse mai arrivato. Nel frattempo la stagione di Gervinho è finita con la Coppa d’Africa, Totti paga l’età e gli acciacchi, nessuno degli altri ha il gol nel sangue. E infatti l’ultima rete di un attaccante è sempre quella del capitano a Verona il 22 febbraio. Non che gli altri reparti siano perfetti: in difesa continua a giocare il «limitato» Holebas perché Cole sta peggio di lui, a destra si passa da Torosidis all’adattato Florenzi, i centrali si alternano negli errori. In mezzo è sempre Nainggolan a tirare la carretta con continuità, circondato dagli alti e bassi di De Rossi e Pjanic, gli acciacchi di Keita, l’inesperienza di Paredes e Uçan. Mettendo tutti i pezzi insieme, allora, non deve stupire più di tanto la crisi della Roma sul campo. Basta vedere le cose per quelle che sono, mettendo da parte una volta per tutte l’illusione di grandezza di inizio stagione.
Rimangono sei partite per salvare la faccia. La squadra è rientrata da Milano dopo le 2 di notte, troppo tardi per trovare contestatori ad attenderla. Ieri Trigoria era deserta fuori, mentre all’interno Garcia mostrava ai giocatori gli errori individuali commessi contro l’Inter, soprattutto nell’«uscita» del pallone dalla difesa. «Ma non dovete abbattervi perché nulla è perso» ha ripetuto l’allenatore, ancor prima di sapere della frenata laziale. Il tecnico gode ancora della massima fiducia della proprietà, anche se la sua difficoltà è evidente: la confusione nei cambi a San Siro è l’ultimo esempio. La Roma non ha mai pensato di cacciare Garcia ed eventualmente dovrebbe farsi lui da parte: scenario al momento improbabile. Lo stesso discorso vale per Sabatini, che continua a lavorare sul mercato. È rientrato solo ieri pomeriggio da Milano, dove ha incontrato vari agenti. Tra le piste più «calde», quella dello svincolato Ayew, con cui c’è un accordo di massima, è stata congelata dal diesse. Soltanto tra sei partite saprà quanto c’è da investire. O da recuperare con le cessioni.