La penna degli Altri 05/04/2015 12:21
IL PUNTO DELLA DOMENICA - Giubilo, Sconcerti, Vernazza, Caputi, Mura
LAROMA24.IT - La Roma torna a vincere in casa dopo 125 giorni e bissa il successo di 15 giorni fa con il Cesena allontanando il Napoli dalla lotta Champions League e mantenendo invariata la distanza dalla Lazio che insegue. All'Olimpico però va in scena anche un contro-spettacolo: la serie di striscioni esposti dalla Curva Sud contro Antonella Leardi, madre di Ciro Esposito, accusata dai sostenitori giallorossi, di lucrare sulla morte del proprio figlio
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Ecco i commenti di alcuni degli opinionisti più importanti della stampa, sulle colonne dei quotidiani oggi in edicola.
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IL TEMPO (G. GIUBILO)
Non è un inutile giocattolino di plastica, la sorpresa che il calcio della Capitale va a pescare nell'uovo della vigilia. La Roma ritrova la vittoria interna, che mancava dalla fine di novembre, un traguardo che la visita del Napoli rendeva tutt'altro che agevole, in considerazione delle mire di Rafa Benitez. Doveva, il tecnico azzurro, cancellare la recente parentesi negativa e riconquistare il feeling con la società, che molto si era affievolito, vista la palese insoddisfazione del presidente De Laurentiis. Un'ora dopo il fischio finale di Rizzoli a Roma, la Lazio scendeva in campo a Cagliari, per contenere nei minimi termini il distacco dai giallorossi, senza poter coltivare il sogno di un sorpasso che avrebbe modificato le gerarchie nella corsa al secondo posto, resa più affascinante dalla identificazione sul derby, per il quale si dovrà attendere la penultima giornata. Ma quello che alla vigilia le due romane non avrebbero sognato, con uno sguardo alla scaramanzia, è che il sabato avrebbe garantito a Roma Capitale una sicura presenza, e due più che probabili, nella Champions League della prossima stagione. Non è stato necessario che la Roma di Garcia tornasse ai livelli che le avevano assicurato una prima parte di stagione altamente qualitativa, con fondati motivi di allarme per la Juventus abbonata ai trionfi. Poi, dopo la vittoria sull'Inter, il tifo romanista non era più riuscito ad applaudire un successo casalingo. Tanti, troppi punti lasciati per strada, ma soprattutto un'identità smarrita, senza che si manifestassero apprezzabili segni di ripresa. Tanta buona volontà, vanificata dai passi indietro anche dei giocatori di maggior talento. Pjanic alla faticosa ricerca della condizione dei giorni migliori, ma soprattutto i ricorrenti guai fisici di Francesco Totti, ogni recupero reso problematico dalle trentotto e passa primavere sulle spalle del capitano.
Per la sfida col Napoli, Garcia si è affidato alla condizione dei suoi prodi, prima ancora che a una qualità ancora da ritrovare. La Roma gli ha dato ragione, con una partita fatta di concretezza e perfino di cinismo. Non era facile, anche perché sull'onda della disperazione Benitez aveva messo in campo tutta l'artiglieria pesante, regalando spazio perfino a Insigne, al rientro. La difesa ha retto l'urto, Manolas perfetto e De Sanctis ispirato. I migliori, questi ultimi due, insieme con quel Pjanic che si sarebbe confermato un castigo per il Napoli.
Al Sant'Elia, una Lazio disposta troppo ai regali(...) Alla fine, punteggio rassicurante a firmare la restaurata distanza dalla Roma, del duello cittadino si parlerà ancora a lungo. Ma è già gratificante che la zona Champions sia saldamente presidiata dalle due formazioni romane. Per i biancocelesti di Pioli, ulteriore entusiasmo per la settima vittoria a seguire, che li conferma i più in vena del momento, insieme con quel Torino che sarà il prossimo anfitrione della Roma, poco fortunata per quanto il calendario le sta proponendo. (...)
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IL CORRIERE DELLA SERA (M. SCONCERTI)
C’ è una perversa coscienza ultrà secondo cui le vittime della guerriglia del calcio sono semplici soldati, carne da battaglia che quando cade non va rimpianta. Ha fatto solo il suo dovere. Così, dopo aver visto ucciso Ciro Esposito in fondo a un episodio criminale senza innocenti, ma con una vittima, le schegge della curva romanista non gli rendono nessun onore, infamano anzi il malinconico protagonismo della madre, colpevole di portare troppo il suo dolore sui media. La tristezza dell’episodio, il sua sapore acido, si commentano da soli. Offende una mamma e tutti noi. È la conferma che gli ultrà violenti hanno una visione macabra del loro compito. Sono una legione alienata convinta che la vita sia una vendetta continua dove uno sgarbo ne cancella un altro senza fine. E se qualcuno muore devi tacere con devozione e arroganza, anche se il morto è tuo figlio, perché così va il mondo degli esclusi. Non possiamo essere noi a convincere i pazzi che la vita è da un’altra parte. Possiamo solo difendere noi stessi e quel che rimane di Ciro non smettendo mai di inorridire. L’Inter è forse meno brutta di quel che sembra. Gioca male, ma qualcosa le resta. Il problema è che è sempre attesa a piccole imprese che non è in grado di fare. C’è un’attesa, una pressione mediatica adatta a una grande città come Milano, ma non all’Inter di questi anni. Questo dilata le distanze con la gente e spaventa i giocatori. (...) Il Napoli meritava il pareggio ma c’è qualcosa di vecchio, di concluso, in questo progetto che sostituisce Higuain, che è incerto sul futuro dell’allenatore e sulla reale dimensione della società. Come se tutti fossero in attesa di cambiamenti e nel mezzo il tempo passasse senza nostalgia.
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LA GAZZETTA DELLO SPORT (S. VERNAZZA)
La Gazzetta per scelta non concede spazio agli striscioni demenziali esposti negli stadi, ma quanto accaduto ieri all’ora di pranzo a Roma ci obbliga all’eccezione. Quando nella Curva Sud dell’Olimpico sono comparse le scritte contro la signora Leardi, le prime reazioni in tribuna stampa sono state improntate allo stupore. Sembrava incredibile che laggiù si fossero spinti a tanto. «Siete sicuri?», era la domanda più gettonata ai giornalisti che si dedicavano alla decrittazione dei messaggi. Purtroppo era tutto vero. Non c’è da discutere, bisogna soltanto agire. Un Paese civile non può permettere che si faccia pubblico scempio del dolore di una madre. Intervenga il ministro dell’Interno, stop alle curve terre di nessuno. Ripulire, prego. Via dagli stadi i grafomani della barbarie, «daspo» a vita per i responsabili di ieri. Le parole sono importanti, anche quelle non dette: la Roma, che pure aveva invitato allo stadio la signora Leardi, non ha ancora condannato l’episodio. Possibile? E soprattutto, perché?
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IL MESSAGGERO (M. CAPUTI)
Se l’esultanza di giocatori e staff tecnico in campo e dei dirigenti in tribuna ha spiegato quanto servisse alla Roma il successo sul Napoli, la vittoria della Lazio a Cagliari conferma la crescita e la solidità del gruppo di Pioli. Pur mantenendo il doveroso rispetto nei confronti di Fiorentina, Samp e Napoli, tutto lascia intendere che le ultime nove giornate saranno un emozionante testa a testa tra Roma e Lazio per il secondo posto. Ci aspetta un finale di campionato da vivere tutto di un fiato, ogni turno sarà vissuto come una finale a distanza, sino ad arrivare al derby previsto alla penultima giornata. Pur vivendo momenti tecnici e psicologici differenti, le due squadre sembrano avere in comune la ricerca, gara dopo gara, di prove tangibili che ne alimentino le certezze. Le partite di ieri ne sono state la conferma. Senza vittorie in casa da quattro mesi, affrontando il Napoli avversario diretto e pericoloso, con lo spettro di essere superata dalla Lazio, la Roma aveva bisogno di poter tornare a credere in se stessa e nei propri mezzi. (...) Le risposte sono state positive. Questo appassionante duello capitolino, indipendentemente dall’esito finale, non solo accende l’entusiasmo e la rivalità di un’intera città, ma avrà il pregio di essere utile alla crescita futura delle due squadre. La Roma, nel caso si confermasse seconda, avrà saputo far fronte alle difficoltà vissute e agli errori commessi, oppure, in caso negativo, imparerà che, prima di potersi sentire compiuta, dovrà sempre averne la conferma dal campo, lottando e sudando con umiltà. (...) Comunque finirà questo appassionante derby, per le due società essere protagoniste/rivali in campionato e in Europa non dovrà più essere un’eccezione, ma una piacevole regola.
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LA REPUBBLICA (G. MURA)
Infami. Basta una parola per i due striscioni esposti ieri all’Olimpico. Infami gli striscioni, infami quelli che li hanno pensati, scritti ed esposti. Perché evidentemente non bastava un tifoso del Napoli morto ammazzato, morto dopo quasi due mesi di coma. Bisognava anche camminare sulla sua memoria, usare un morto per far male ai vivi. A sua madre, in particolare. Mai nominata, perché anche i peggiori infami conoscono il codice. ‘Che cosa triste: lucri sul funerale con libri e interviste’. ‘C’è chi piange un figlio con dolore e moralità e chi ne fa un business senza dignità’. Rieccoli, i talebani della curva, i custodi di moralità e onore, i giudici del dolore altrui. Antonella Leardi, la madre di Ciro Esposito, per loro era il bersaglio ideale. Ha sempre parlato, con dignità e forza, contro la violenza. Odio e violenza sono il carburante dei talebani del pallone. In questo caso, anche ignoranza. Perché è vero che la madre ha scritto un libro sul dramma del figlio, ma non ci ricava un euro. Il ricavato delle vendite andrà al Gemelli, un ospedale di Roma, quello dove Ciro è morto, e una clinica pediatrica di Posillipo. Doppia infamia, quindi. Ed è per questo che gli striscioni dell’Olimpico, giustamente mai inquadrati da Sky, hanno la precedenza su partite interessanti, su bei gol. Perché esiste anche una classifica della civiltà, e grazie agli infami dell’Olimpico si è toccato il fondo. Infame è una parola molto frequente nel vocabolario ultrà. Infami a turno sono arbitri, giocatori, dirigenti, poliziotti, giudici, giornalisti. Non la uso a caso. Ed è triste che molti abbiamo tirato un respiro di sollievo. Si temevano altri scontri, forse un morto. È andato tutto bene. Davvero? Per quegli striscioni si è scusato il sindaco Marino, sui social network l’ha fatto la parte sana dei tifosi romanisti. Non è morto nessuno, ma è sempre più fioca la speranza che ci sia un limite al peggio, che in uno stadio si possa andare solo per tifare civilmente, non per sputare addosso (di questo si tratta) e ferire i vivi usando i morti. Di vivo, e ferito, eppure ancora capace di usare parole ragionevoli, buone e alte, non c’è solo la madre di Ciro Esposito. Sono, siamo, in tanti, tantissimi, e sappiamo che gli infami, quand’anche ci fosse la volontà o la possibilità di identificarli, rischiano pochissimo, quasi nulla. I dirigenti della Roma, dice un rigo sull’Ansa, dicono che non commentano mai gli striscioni. E fanno male. Cosa pensa il presidente Pallotta, abituato a ben altro clima negli stadi americani. E Garcia? I giocatori? Il dg Baldissoni? Tutti zitti. Eppure l’Olimpico è casa loro. È la Roma che paga gli steward, il servizio d’ordine. È in grado qualcuno della Roma di spiegare come allo stadio entri di tutto, dai peggiori striscioni al materiale esplodente? Queste sono domande tecniche, nel caso li disturbasse l’etica. (...)