La penna degli Altri 02/03/2015 09:20
Garcia, oltre la supersfida c’è di più: «Il futuro è nostro»
IL MESSAGGERO (A. ANGELONI) - Maledetto quel giorno. Maledetta quella frase, assist per la risata dell’Italia nemica/rivale della Roma. Poco importa se quella vota Rudi Garcia ha pensato solo a proteggere il gruppo da una depressione e un sonno (come ha detto De Rossi) che puntualmente è arrivato. Quel «vinceremo lo scudetto» pronunciato dopo Juventus-Roma-Rocchi ancora oggi rimbomba e il povero Rudi ne è rimasto prigioniero. La squadra di Allegri oggi è a più nove e - come si dice in questi casi - mantenere il punto non è cosa buona e giusta. I giornalisti sono - per dirla alla Garcia - ossessionati da quella frase e Rudi quasi quasi si è pentito. «Forse c'è una divinità misteriosa che ha voluto punirmi di questo peccato, se peccato ho commesso, di superbia». Superbia, dice. Così sembra, ma non è questo che l’ha spinto. «L'ho fatto per combattere soprattutto un ambiente di pessimismo eccessivo, che diceva “possiamo fare qualsiasi cosa e non vinceremo mai”. E soprattutto, se ho commesso questo peccato confesso che non era una cosa detta da uno stupido che parla di qualcosa campato per aria». Non è superbo, né stupido. Diciamo che ha provato il colpo da maestro, che se ti riesce passi per indovino, motivatore, veggente etc etc, come successe a Capello l’anno del titolo 2000/2001, stessa frase, stessa situazione, non per una sconfitta con la Juve, ma per un insuccesso con l’Inter. O Falcao dopo la sconfitta in casa con la Juve. «Io penso che per mantenere la motivazione e l'ambizione al massimo era necessario fare quello che ho fatto». E adesso? A che serve questa partita? Garcia non ha mai battuto la Juve in campionato, può essere un motivo buono per entrare in campo e mangiarsi gli avversari. Poi, che sarà sarà. «Vogliamo vincere e comunque lo scudetto non dipenderà più da noi. Sono sicuro che i ragazzi daranno tutto in campo, a fine partita vogliamo uscire a testa alta».
AL CENTRO DELL’ITALIA Vendicarsi. Un termine che non piace a nessuno ma che alla fine è molto umano. Ripensare a quel 5 ottobre, a Rocchi, alla gara persa allo Stadium può dare una spinta particolare. Poi la si chiami vendetta, rivincita, voglia di dimenticare. «Non serve a niente affrontare la partita con lo stato d'animo di chi va in cerca di rivincite» sottolinea il francese. «Il destino della Roma è vincere, stiamo costruendo un futuro in cui si lotterà ogni anno per lo scudetto e speriamo un giorno anche per la Champions. E noi dobbiamo mostrarci all'altezza di questo destino. Vogliamo un bel futuro. Una Roma non al centro del villaggio ma al centro dell’Italia». Intanto va portata al centro dell’Olimpico, dove la vittoria manca da fine novembre. «L’ambiente non è più tranquillo. Tutte le squadre del mondo che lottano per qualcosa, quando sentono fiducia sono più forti. Prima della trasferta a Rotterdam sentivo i giocatori essere convinti e motivati sul fatto di poter vincere. Lo stesso atteggiamento che sento per la partita contro la Juve. Bisogna avere un atteggiamento di riflessione, non basta solo la voglia. Vediamo se siamo capaci».