La penna degli Altri 06/03/2015 09:37

Anche l’Antimafia indaga sul Parma

TARDINI

GASPORT (A. SCHIANCHI) - Il caso Parma finisce sotto gli occhi dell’Antimafia. Il sospetto, avvalorato da appostamenti e intercettazioni, è che alcuni soggetti sui quali sta indagando da tempo la Direzione Distrettuale Antimafia di si siano avvicinati nell’ultimo periodo al Parma Football Club. Ieri Antonio Rustico, capo della Procura di Parma, accompagnato dai pm Dal Monte, Amara e Ausilio, è stato ricevuto da Roberto Alfonso, capo della Dda, negli uffici di via Battistelli a . Si è discusso di strane movimentazioni di denaro, riunioni alle quali avrebbero partecipato esponenti della società gialloblù e persone indagate nell’ambito dell’inchiesta sulle infiltrazioni della ‘ndrangheta in Emilia. La Dda di ha recentemente compiuto una maxi-operazione sul clan Grande Aracri di Cutro, che ha portato a 161 arresti. Il clan calabrese aveva basi operative in provincia di Reggio Emilia, Modena e Parma e si stava occupando anche di riciclaggio di denaro che proveniva da istituti di credito algerini.

IPOTESI Che cosa c’entra il Parma Football Club con questa brutta storia? E’ presto spiegato. Alcuni faccendieri, che la Dda ritiene legati agli ambienti mafiosi, si sarebbero interessati alle vicende economico-finanziarie del club gialloblù, avrebbero cercato di portare a termine transazioni di denaro e, soprattutto, si sarebbero incontrati più volte, a Collecchio e dintorni, con esponenti della società. D’altronde, il Parma nell’ultimo periodo è diventato un «bocconcino» appetibile per gli affari illeciti dei clan, sostengono gli investigatori dell’Antimafia, visto che stiamo parlando di una società in crisi economica, con pochissima liquidità e alla disperata ricerca di denaro. In simili situazioni, ragionano sempre i magistrati, è facile che i clan si muovano e si offrano per «dare una mano », come dicono nel loro gergo. In Emilia il clan che fa capo a Nicolino Grande Aracri è attivo da molti anni e le forze dell’ordine ritengono che appunto in questo territorio sia stata fondata una vera e propria provincia ‘ndranghetista.

SODALE DI CIANCIMINO I sospetti degli uomini dell’Antimafia, che lavorano a stretto contatto con i pm della Procura di Parma, si sarebbero concentrati soprattutto su un personaggio già nel mirino dello staff della Dda: si tratterebbe di Paolo Signifredi, 50 anni, parmigiano, imprenditore con un recente fallimento alle spalle (quello della ditta D.Teck srl, con sede a Varano Melegari, in provincia di Parma) e con una lunga lista di reati all’attivo. Si va dalla truffa alla bancarotta fraudolenta. In passato si è interessato al calcio tanto da comprare il Brescello e da tentare la scalata al Catanzaro. Condannato per riciclaggio nel 2001, è stato di nuovo arrestato assieme a Massimo Ciancimino, il figlio di Don Vito, nell’ambito di un’inchiesta per evasione dell’Iva in un commercio d’acciaio. Signifredi, finito in carcere alla fine di gennaio nella maxi-operazione sul clan Grande Aracri, pare proprio si sia dimostrato molto attivo circa le vicende del Parma Football Club nei mesi di novembre e dicembre, esattamente nel periodo in cui le quote del club passavano dalle mani di Ghirardi a quelle di Taçi, fino ad arrivare a quelle di Manenti. I magistrati dell’Antimafia sono al lavoro per capire con chi questo personaggio s’incontrava e perché. Inoltre: si è proposto Signifredi o è stato chiamato?

DUE STRADE Nel registro degli indagati per il crac Parma, oltre a quello dell’ex presidente Tommaso Ghirardi, ci sono altri nomi cui tuttavia non è ancora stato recapitato alcun avviso di garanzia. Ciò significa che i pm di Parma non hanno ancora effettuato perquisizioni o sequestri di materiale, altrimenti l’indagato dovrebbe essere «avvisato» dato che avrebbe il diritto di essere assistito da un avvocato. L’impressione è che la valanga del crac stia generando due strade: una, più comune, che riguarda la bancarotta fraudolenta; l’altra, ben più fosca, che chiama in causa addirittura la mafia e le sue infiltrazioni nel territorio