La penna degli Altri 26/02/2015 09:35

«Roma vinci oggi e poi batti la Juve»

FBL-ITA-SERIEA- FIORENTINA-ROMA

IL TEMPO (A. AUSTINI) - «Come si dice "dinci" in olandese?». Ci pensa a stemperare la tensione della vigilia di una notte europea da dentro e fuori, con tanta paura per quello che può accadere tra opposte tifoserie a Rotterdam e dintorni. Scherza col traduttore in conferenza stampa a proposito dell’insulto che ha lanciato a domenica quando lo ha sostituito, si diverte con le domande, regala risposte «forti», ma con la solita spontaneità.

Ne aveva bisogno la Roma di un po’ di leggerezza, a partire da decisamente «oscurato» alla vigilia dal capitano seduto al suo fianco. Rilassato sì, ma pure bello convinto: «Questa partita - dice - potrebbe essere una svolta per la stagione. Oltre a passare il turno, vincendo acquisiremmo fiducia nei nostri mezzi e affronteremmo la in maniera diversa. Voi - spiega rivolto ai giornalisti - vi chiederete: "Ma una gara può cambiare la stagione?". Sì, perché il giocatore quando vince acquista sicurezza e voglia di dimostrare di più i suoi mezzi. La sfida col Feyenoord può condizionare tutto l’anno».

Gli chiedono se preferisce vincere questa o lo scontro diretto di lunedì con i bianconeri, il capitano va oltre: «Se devo scegliere dico battiamo il Feyenoord. Certo se mi firmate un contratto col sangue che perdendo domani poi arriva lo scudetto firmo... Però - continua il serio e il faceto - voi mi dite "se, se". Non mi piace: intanto penso a passare il turno, poi se succede vinco anche lunedì. Senza il "se", vinciamo e basta. Siamo venuti qui per questo».

Più chiaro di così. Idem quando gli tocca rispondere, per l’ennesima volta, alla domanda sul bomber alternativo a lui che la Roma non ha. «C’è un detto che gira in à, secondo il quale finché ci sono io non arriverà un altro centravanti. L’ho sempre spiegato e lo ripeto: magari arrivasse un altro Batistuta, volentieri. Poi le scelte le fa il mister, non dipendono da me. Io mi alleno al 100% per mettere in difficoltà l’allenatore, se mi fa giocare vuol dire che me lo merito».

E a Verona, magari, si meritava di restare in campo qualche minuto in più. «Stavo bene, in quel momento, mi sentivo un po’ Toni e volevo fare gol di testa sul corner, qualche volta mi è successo (ride, ndr). Sono cose che succedono in campo, non c’è nessun problema e non ci sarà mai. Nessun caso». Lo stadio De Kuipp, la «vasca» in olandese, gli riporta alla mente un pomeriggio concluso nel modo più amaro: la finale dell’Europeo 2000 persa con la Francia con il golden gol ai supplementari di Trezeguet dopo che l’Italia era passata in vantaggio con Delvecchio al termine di un’azione partita dai piedi di . «Ci ho pensato quando siamo arrivati qui in macchina - ricorda Francesco - non fu una bellissima giornata, ma giocare una finale degli Europei fa sempre piacere. È passato tanto tempo, però sono competizioni che restano nella storia. Spero di uscire dal campo con un risultato diverso stavolta».

Ne sono passate di partite da quella sfida di Rotterdam, «in 15 anni ci sono stati alti e bassi, ne ho viste tante. Purtroppo vuol dire che la carriera sta quasi per finire e perciò cerco sempre di ricordare le cose positive. Spero di passare questi ultimi 2 anni nel migliore dei modi». La clessidra si sta svotando: alla fine del prossimo campionato, salvo ulteriore rinnovo del contratto, dovrà appendere gli scarpini al chiodo. Una carriera infinita e iniziata anche grazie a quel genio chiamato Boskov che il Feyenoord lo ha allenato negli anni Settanta. Il capitano vede la sua foto nella galleria dello stadio e lo ricorda con affetto: «Mi ha fatto esordire in Serie A, è stato una persona importante, lo ringrazierò sempre». L’inizio di una favola che meriterebbe un lieto fine.