La penna degli Altri 04/02/2015 17:39

La gatta buia della Roma continua. Immaginarla senza Totti è troppo per farlo sino in fondo

totti selfie 3

DAGOSPIA.COM (G. DOTTO) - Fuori anche dalla Coppa Italia. Per mano di Montella e piede di Gomez. La gatta buia della Roma continua. Era iniziata all’Olimpico con i lanzichenecchi di Guardiola. Uno stupro in piena regola. E’ un fatto. Quella sera si è consumato un dramma ordinario e straordinario. La trama/trauma dello specchio infranto. La storia di Dorian Gray. La cornice che contiene l’inganno va in pezzi. Lo scarto tra quello che credevi di essere e quello che scopri di essere. Il Gregor Samsa che si scopre insetto in Kafka.

Fa tutta la differenza del mondo. Trascina il peggio e la cattiva sorte. Uno stato psichico insinuante, che non parla di sé, non bussa alla porta, non si presenta tipo: “Buongiorno Trigoria, piacere, io sono il verme che ti mangerà”. Credersi belli, meglio ancora onnipotenti, è l’anticorpo più forte che c’è.

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vaticina lo scudetto. “Temerario!”. Forse una divinità misteriosa ha punito il suo peccato di superbia. Ma è solo il capo del branco che dice: “Roma, lo scudetto deve essere il tuo destino permanente, non una festa ogni vent’anni”. La parodia del gladiatore, questa è Roma. che, sul 2 a 2, si fa il selfie, invece di portare rabbiosamente la palla al centro e urlare: “Andiamo a prendercelo questo derby”.

Manca a Trigoria la presenza di un leader indiscutibile. Un capo. Ma sì, un presidente alla Dino Viola, grandissimo lui. Uno capace di tenere insieme tre personalità forti, tre teste notevoli ma difformi, come , e . James Pallotta, pianta la tua tenda a Trigoria, almeno per un semestre.

, l’intelligenza fatta parossismo, il bucaniere nel suo caveau fumoso, nel suo circo solitario, che gioca il suo match personalissimo con una vita in bilico, mica perché fuma come un ossesso e pesca l’aria da polmoni sempre più stanchi, ma perché questo è lui, un uomo sempre in bilico.

Da Baldini a resta la radice, ma siamo passati dal narcisismo dolente al narcisismo imperativo. Un uomo irrorato giorno e notte, come certe pompe di benzina cui si guasta il timer, dalla certezza di essere più intelligente di chiunque, anche di se stesso.
è un uomo solare e leale, paracadutato da una visione di in una Trigoria che non va compresa, interpretata, mediata. Va domata. E frustata, se serve. Vedi Fabio Capello. soffre, quasi fisicamente, la prevalenza delle ombre, il primato del non detto. è lo straniero meno idoneo a vivere il quotidiano di Trigoria. Per questo, se ce la farà, sarà la sua impresa più grande.

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Ma oggi, , anche il sublime del derby, quello che s’inventa un gol strapazzando le leggi della (sua) fisica, di un quasi trentanovenne sempre più ancorato alla legge di gravità, che miracolosamente pesta dentro ritmi ed esuberanze fisiche per lui proibitive, di gente che potrebbe essergli figlia, il di oggi che i tifosi amano ancora più che mai, ma svenati dal dubbio che avanza: questo è diventato un problema per la sua Roma.

Ad essere esatti, sono un problema reciproco. Sono prigionieri l’uno dell’altro. e la Roma. Che non è mai libera d’immaginarsi senza . E, invece, deve cominciare a farlo, da subito.
Bello sarebbe pensare l’ultimo derby come il suo canto del cigno, prima che il cigno diventi pietra. Già presento i tamburi di guerra. Ma come? Il italianizzato, la pareggite e ora la sconfiggite che avanza, e tu mi tocchi l’Intoccabile? Il punto è questo. Immaginarsi senza il suo Dio stanco, è l’unica strada per immaginarsi un domani oltre che uno stadio.

Il problema della à romanista, a cominciare da trombettieri gregari e ruffiani, è l’incapacità di separarsi dall’ovvietà del Mito, di concedersi a un lutto troppo grande. E, allora, lo si vuole differire il più possibile. Questo ammazza la Roma.

Nel suo di dentro, questo lo sa, che i tifosi non riescono a immaginarsi senza di lui e lui senza di loro. oggi è un grande problema. Lo è nella spietata legge del tempo che tutto divora. E, come sempre, quando c’è di mezzo l’affetto, lucidare uno sguardo spietato è un’impresa.
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Immaginare una Roma senza è troppo per farlo sino in fondo. Dovrà essere lui, Francesco ad aiutare l’impresa, facendosi da parte, consegnandosi così a una grandezza assoluta e a una storia perfetta. Immaginarsi altro da quello che è. Immaginare la sua fine da calciatore. Il più grande atto d’amore romanista.

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